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Unto the End, la recensione Xbox One

C'era una volta un platform...

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Rompere il muro del luogo comune è qualcosa di bello ma rischioso, cosa che Unto the End, il titolo della nostra recensione Xbox One, conosce bene. 2 Ton Studios, grazie all’appoggio di Big Sugar, si affaccia per la prima volta nel panorama videoludico. Vuole, però, lasciare il segno sin da subito, andando a sfatare quei luoghi comuni che, da sempre, sono connessi ai platform. In verità già qualcosina di diverso lo avevamo visto con DARQ Complete Edition, con delle meccaniche che riguardavano più il level design che il genere in sé per sé.

Unto the End vuole andare oltre, quasi sul personale. La prima a cadere è la logica dello smashing buttons. Il gameplay ve lo impedisce in tutti i modi, umanizzando il rapporto che vi lega al vostro alter ego virtuale. Non volendo utilizzare un termine improprio, ma in fondo non vi è altro modo per spiegarlo, i ritmi e lo stile di gioco sono quelli tipici di un simulatore. Voi direte, ma state bene? Un simulatore in un platform: ma quando si è vista mai una cosa del genere?

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In verità è proprio questo l’obiettivo, visto che il secondo aspetto a cadere sotto i colpi di Unto the End è l’avere fretta, tipico di ogni platform a scorrimento che si rispetti. Anche il semplice scavalcare un ostacolo diventa lento e ragionato, oltre che coerente con le nostre condizioni di salute (e scordatevi la tipica barra di energia).

Unto the End è un titolo che mette uno stress non indifferente, quasi anomalo per la sua categoria. Una particolarità che ai puristi potrebbe non piacere. Resta il fatto che è un esperimento, a nostro avviso ben riuscito, anche se vi sono dei piccoli appunti da fare. E li facciamo, lasciandovi alla nostra recensione di Unto the End, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox One.

LE DUE FACCE DEL PLATFORM

Iniziamo, quindi, la nostra recensione Xbox One di Unto the End, affrontando il più classico degli argomenti. Il gameplay, a freddo, sembra quello tipico di un platform. Subito salta all’occhio l’originalità della grafica di personaggi e ambientazioni. Minimalista ma non banale, con un’attenzione particolare verso luci e riflessi. Il level design nasconde numerose insidie, come trappole ed enigmi mortali. Vi sono, però, anche numerosi oggetti da raccogliere, utili per il crafting di armi e armatura. Gli sviluppatori hanno inserito dei timidi e non complessi accenni di build in stile RPG, senza però appesantire il tutto.

Fin qui normale amministrazione insomma. Il bello, però, deve ancora venire. Vi è solo una tipologia di andatura in Unto the End. Non si può, infatti, né camminare e né scattare. Vi è solo una corsa veloce e poco controllabile. Questo elemento, che di solito passa in sordina, vi metterà addosso uno stress non indifferente. Ovviamente, se verrete feriti, scordatevi che la barra di energia si ricarichi mentre non subite colpi. Dovete fermarvi e curarvi, magari creando un infuso curativo.

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I combattimenti sono quasi tutti evitabili. Avete davanti a voi sempre due scelte, combattere o scappare. Non esiste il concetto di punteggio finale di livello. Lo scopo di questo grande viaggio del nostro guerriero ignoto è quello di portare le “chiappe” a casa e ricongiungersi alla sua famiglia. Per cui non verrete di certo additati come dei codardi se, davanti a una creatura assetata di sangue, fate i furbi e vi ritirate dalla lotta. Se, invece, volete dimostrare il vostro valore sul campo di battaglia allora dovete apprendere le regole del combattimento di Unto the End.

Difesa e attacco godono del sistema delle pose. Queste infatti possono essere alte o basse, ricordando che dall’altra parte i nemici non seguono dei pattern particolari. In vostro aiuto vengono anche le finte, utili per capire come si comporta il cattivone di turno. Anche il contrattacco, così come la difesa, devono far parte della vostra strategia offensiva. I nemici possono anche attaccare in gruppo per cui dovete scegliere bene le vostre mosse.

L’ERA DELLE MUTAZIONI GENERICHE

Stiamo vivendo oramai nell’era delle “mutazioni generiche”, dove le contaminazioni tra generi diversi danno vita a nuove sperimentazioni di gameplay. Anche Unto the End fa parte di questa schiera di titoli “ibridi”. 2 Ton Studios vuole, però, intraprendere una strada molto rischiosa, quella di togliere la parola “arcade” vicino a quella di “platform”. Al suo posto vuole inserire il termine “simulazione”. Ma come cavolo gli è venuto in mente di provare a fare una cosa del genere?

Forse durante una bella passeggiata sulle spiagge della California, Stephen Danton e Sara Kitamura, i genitori di Unto the End, guardando il sole tramontare dietro l’oceano, hanno avuto questa folle ispirazione. In fondo sono marito e moglie per cui l’intesa non gli manca mica. Come la voglia di lasciare tutto e voltare pagina senza guardarsi indietro, visto che nel 2015 hanno salutato le loro carriere per inseguire il loro sogno: realizzare un videogioco tutto da soli.

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Si sono fatti il “mazzo” questi due, e dopo 5 anni eccoci qui a scrivere la recensione di Unto the End. Probabilmente era proprio questo il loro obiettivo sin dall’inizio, quello di farci provare un briciolo di tutti i sacrifici e gli sforzi fatti in questi anni di duro lavoro. Beh, se così fosse, ci sono riusciti alla grande. Chiedetelo ai tanti piccoli dettagli infinitesimali che fanno venire i nervi a fior di pelle. Ve ne citiamo alcuni, giusto per non “spoilerare” troppo.

Sentire il fiatone che aumenta sempre di più, passo dopo passo, colpo dopo colpo, a un certo punto ci costringe a premere “pausa” e bersi un bicchiere d’acqua. È quasi impossibile far finta di nulla, visto che è una componente del gameplay. Vi dicevamo prima che manca la classica barra di energia per misurare il vostro stato di salute. Il motivo di di questa scelta è molto semplice. Può succedere che un solo colpo, se ben assestato, vi metta in prima fila su un volo diretto verso il Valhalla. Arcade vero?!

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COMMENTO FINALE

Ed eccoci arrivati al momento dei saluti, con la speranza che la nostra recensione Xbox One di Unto the End abbia stuzzicato il vostro interesse. 2 Ton Studios e Big Sugar hanno lanciato sul mercato videoludico un esperimento molto interessante. Rischioso, sicuramente, ma che potrebbe ispirare altri dopo di loro. La next gen è il terreno perfetto per “provare nuove emozioni”, con il feedback aptico pronto a scalpitare. È un vero peccato che non sia stato ottimizzato per la nuova generazione. Un occasione persa, e tanta ingenuità.

Non sarà sicuramente un capolavoro o il gioco che cambia la vita, ma Unto the End ci ha fatto riflettere molto. Abbiamo ricoperto che anche i platform hanno un anima e sono capaci di stimolare molto bene emozioni e sensazioni. Non stiamo parlando dei classici aspetti come la grafica e il sonoro, ma di gameplay puro, quello che ti portava allo smashing buttons ossessivo. Abbiamo sempre visto, questo genere, avere un portamento quasi naturale per certe logiche. Unto the End le prende e le butta nella spazzatura, come per dire “Adesso le regole le faccio io”.

Ok, vai pure. Ma stai attento a non osare troppo. Il platform è un monumento al videogioco e certi meccanismi non possono essere spazzati via come se fosse polvere. Ben vengano le novità, ci mancherebbe. Ma occhio all’effetto “spiazzamento”. Dire “e mo’ che faccio?” dopo la prima ora di gioco è pericoloso.

Pregi

La simulazione in un platform? Unto the End ci insegna che l'impossibile è possibile, sacrificando alcuni aspetti classici del genere. Ci vuole pazienza e metodo per portare a termine il viaggio. Nel mentre vivrete dei momenti inediti, al limite dello stress psicofisico. Sicuramente è un esperienza nuova per molti...

Difetti

... anche se qualcuno potrebbe non apprezzare il troppo "nuovo". Stravolgere un genere monumentale non è una cosa semplice e sarebbe stato "saggio" farlo a piccole dosi. Per vedere il vero gioco si deve superare il muro iniziale, bello alto e ripido.

Voto

8+

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