Wasteland 3, la nostra recensione

Avventuriamoci tra le fredde terre di un Colorado post nucleare con la recensione di Wasteland 3

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Quella di Wasteland è una delle serie di rpg più amate. Sul portale, abbiamo curato questi giochi con due speciali (qui e qui ) dove vi abbiamo illustrato le origini del primo capitolo e il sequel sopraggiunto dopo ben 25 anni. E successivamente all’uscita di Wasteland 2, lo sviluppo di Wasteland 3 era pressoché scontato. InXile non si è fatta certo pregare. Sei mesi prima dell’uscita di Torment: Tides of Numenera, venne aperta una campagna su Fig.co  dedicata al seguito che si concluse, quasi quattro anni fa, con una ragguardevole cifra poco sopra i 3 milioni di dollari.

Lo sviluppo venne portato avanti sotto traccia mentre il team principale si occupava del seguito spirituale di Torment, di The Bards Tale IV: Barrows Deep e la relativa riedizione della trilogia originale in alta definizione, della riedizione con una nuova veste grafica del primo Wasteland.

Finalmente, dopo quattro anni di attesa, Wasteland 3 è sbarcato su Pc, Playstation 4 ed Xbox One il 28 agosto scorso. La recensione oggetto di questo articolo è basata sulla versione Ps4 Pro. Buona lettura.

FUGGIRE DAL PROPRIO PASSATO

La serie di Wasteland è da sempre contraddistinta da cambiamenti, tentativi di innovare e una scrittura al di sopra della media del genere. Grinta, battute sconce, acidità, violenza, umanità, sopravvivenza, tutte queste componenti che contraddistinguono al meglio il genere “post-apocalittico” hanno trovato casa tanto in Arizona quanto nel freddo Colorado.

Wasteland 3 è direttamente collegato sia al primo che al secondo capitolo. Ed anche se è possibile giocarlo per intero senza conoscere le avventure precedenti, i richiami sono tanti e sparsi per tutta la storia. Non vogliamo cadere in alcun tipo di anticipazione ma possiamo dirvi che la sorte di uno dei personaggi più amati viene svelata durante il corso della partita.

Ma da dove iniziamo? Cronologicamente, gli eventi sembrano partire appena dopo o verso la fine di Wasteland 2, quando un team di Desert Rangers viene inviato a nord est per prendere contatti con il Patriarca, un personaggio che ci appare come via di mezzo tra “Nathaniel Taylor” della serie Terra Nova e “Miles Quaritch” del film Avatar.

L’avanzata della nostra forza militare viene però annichilita da un attacco a sorpresa che profuma tanto di imboscata fatta e finita. Chi si cela dietro questo e molti eventi futuri è un mistero che verrà svelato durante il corso della campagna, ma l’incipit iniziale offre anche uno spaccato umano di legami famigliari. Dopo essere riusciti in qualche modo a metterci al sicuro, il Patriarca ci svela i problemi tra lui e i suoi tre figli, ognuno all’apparenza peggio del precedente.

Per rimettere in sesto il Colorado e dar vita ad una schiera di “Desert Ranger del Nord”, dovremo occuparci dei drammi famigliari, rimettere in sesto una vecchia e misteriosa base in disuso e non dimenticarci di mettere qualche punto sull’abilità per la riparazione dei tostapane che come da corredo, sono parte integrante del gioco. E non dimentichiamoci di “KITT” in versione spazzaneve.

IN DUE “CI SI SCALDA MEGLIO”

La nuova opera di inXile Entertainment è sensibilmente diversa dai due precedenti capitoli. Ancora una volta, percorre la strada dell’innovazione e dello svecchiamento mantenendo però i dogmi di un gameplay che strizza l’occhio tanto alle nuove generazioni quanto allo zoccolo duro della community.

Il distacco da Wasteland 2 è evidente a partire dalla costruzione dei personaggi che questa volta sono due. Inizialmente è possibile scegliere tra vari archetipi quali ad esempio “genitore e figlio”, “maestro e allievo”, “coppia di reclute rivali”, “coppia di geek/nerd”. I personaggi preimpostati sono interessanti ma la possibilità di personalizzarli completamente dopo aver scelto il “background” iniziale, ci induce a suggerirvi di spendere parte del tempo nel realizzare la coppia di protagonisti che più si adatta tanto al gameplay quanto al gusto personale.

Nome, sesso, abilità, talenti, vestiario, fattezze. L’editor dei personaggi è davvero colmo di possibilità anche sul versante estetico, cosa non scontata considerando che ci troviamo di fronte ad un titolo giocato con inquadratura isometrica.

In particolare, è importante fare attenzione alle abilità e ai talenti. Un personaggio in grado di guarire, un meccanico, uno “smanettone” in campo informatico saranno sempre utili. E questa volta già ad inizio partita anche le abilità sociali avranno un impatto immediato. E non dimenticatevi mai i tostapane.

OH, MA CHE CAS…SETTO BEN CHIUSO

Le ore di gameplay nelle fredde terre del Colorado sono decisamente meno macchinose rispetto all’arida Arizona. Trovato un baule da aprire che richiede punti in “scassinamento”, basterà che siano pari o superiori al requisito minimo per aprirlo senza alcun problema.

Stessa cosa dicasi per i campi minati, muri da demolire e tutto il comparto “fai un tiro per…”. Non ci sarà nemmeno bisogno di selezionare il personaggio che vogliamo sfruttare per una determinata azione in quanto sarà il gioco stesso a determinare chi è più adatto al compito.

Questa meccanica viene ripresa totalmente anche durante i dialoghi visto che particolari interazioni sono appannaggio solo di condizioni che prevedono punti in abilità come “muso duro”, “lecchino” e così via. Anche in questo caso, non ci sarà bisogno di scegliere un personaggio che interagisca personalmente con un determinato npc perché l’opzione sarà resa disponibile immediatamente durante la conversazione.

Un gameplay reso quindi più fluido e veloce, scevro di meccaniche tipiche dei giochi di ruolo “vecchia scuola”. Al palato di quei giocatori che si aspettano un’esperienza approfondita ma sopratutto lenta risulterà indigesto, anche se a nostro avviso il ritmo incalzante dell’avventura ben si sposa con l’immediatezza di questo sistema.

ESTRAI L’ARMA, DESERT RANGER

E veniamo al combat system, che come per il resto del comparto tecnico ha subito alcune rivisitazioni rispetto a Wasteland 2. Se nei deserti dell’Arizona colpire un nemico dava il via a schermate testuali con descrizione degli attacchi ricche di informazioni, ora sarà tutto diverso. Ci troveremo di fronte ad un semplice descrizione che indica chi potremo colpire e con che percentuale di successo.

Il sistema è funzionale ma a nostro avviso fin troppo orientato ad un pubblico meno impegnato e meno desideroso di perdersi tra dati che altri non vedono l’ora di sviscerare. A suffragare la nostra ipotesi, la meccanica relativa ai “colpi speciali”.

In pratica, dopo un determinato numero di turni la barra relativo al nostro personaggio si illuminerà per avvisarci che potremo sfruttare il colpo potenziato legato all’arma equipaggiata. Per il cecchino, nostra classe preferita da sempre, e per altre classi che usano il combattimento a distanza, si traduce in un colpo dai danni micidiali anche a bassi livelli che può essere indirizzato ad una particolare parte del corpo.

Può essere indirizzato sia ai nemici che ad oggetti sparsi nella mappa come ad esempio barili carichi di carburante che esplodendo, causeranno ingenti danni da fuoco in una vasta porzione della griglia. In alcuni casi è in grado di ribaltare le sorti di uno scontro. Nel complesso, pur con i compromessi per essere appetibile ad una fetta più ampia d’utenza, il combat system di Wasteland 3 ci è piaciuto. A differenza del predecessore promette un buon grado di sfida anche ad alti livelli, quando nel nel capitolo precedente un party ben sviluppato era in grado di mettere a ferro e fuoco qualunque compagine, boss finale compreso.

E CI RISIAMO

Wasteland 3 è colmo di dialoghi e di storie da ascoltare e vivere in prima persona. Le quest sono di vario tipo ma quasi mai ripetitive, l’esplorazione appagante.

Nel complesso, la scrittura e la sceneggiatura di questo terzo capitolo sono una spanna sopra le iterazioni precedenti. C’è però il solito prezzo da pagare, e francamente la situazione inizia a stancare. Il gioco è disponibile in inglese, francese, tedesco, spagnolo, polacco, russo. Tutto, tranne l’italiano.

La quantità di testo è importante. E anche se l’inglese usato è nella media, tutti quei giocatori che si trovano in difficoltà con la lingua della regina tenderanno a passare di mano. È vero, la traduzione amatoriale di Wasteland 2 era di scarsa qualità e ne abbiamo parlato nel nostro speciale. Ma proprio per questo, perché non affidarsi ad un gruppo di traduttori professionali e permettere anche a chi non mastica la lingua d’Albione di divertirsi nel freddo Colorado?

È avvilente che il nostro Paese venga continuamente dimenticato, lasciando spazio a dietrologie che forse hanno più di qualche ragione d’esistere.

COMMENTO FINALE

Wasteland 3 è un ottimo gioco di ruolo a tema post-apocalittico. Rispetto al capitolo precedente, si rivolge ad un pubblico più ampio grazie a ad una tipologia di gameplay immediata e veloce. Alla quale si aggiunge un combat system in grado di fornire un buon grado di sfida anche ad alti livelli.

Ottima sia la scrittura che le quest che fanno un balzo in avanti rispetto a Wasteland 2, pur con qualche easter eggs in meno. Personaggi ben caratterizzati, un gran numero di fazioni. Quello che spinge a raccomandare l’ultima opera di inXile non è un solo fattore ma l’insieme dei componenti. La longevità è assicurata. Basti pensare che la quest principale si snoda attraverso un gran numero di vicende che ci terranno impegnati per non meno di 30 ore. Riteniamo pertanto imperdonabile l’assenza della nostra lingua tra quelle supportate.

Pregi

Le nuove meccaniche funzionano. .Scrittura di prim’ordine. Lato artistico ispirato. Buon grado disfida.

Difetti

La mancanza di una traduzione italiana è imperdonabile. Richiede impegno per essere assimilato.

Voto

9