Il termine “indie” o “indipendente” è ormai troppo sopravvalutato: troppi giochi col pretesto di una grafica in pixel art oppure dalle meccaniche di gameplay semplicistiche “vecchia scuola” tentano di spacciarsi per tali nella speranza di attirare l’attenzione di un’utenza che oggi definiamo ﹣ a volte persino con connotazioni negative ﹣ videogiocatori hipster. Per fortuna non è il caso di Undertale.
NON CHIAMATELO CLONE DI EARTHBOUND E NEPPURE JRPG
Undertale non è un mero gioco di ruolo e neppure una piccola produzione che vuole necessariamente puntate sull’effetto nostalgia dei vecchi titoli risalenti all’era Nintendo NES 8-bit. Nossignore.
Siamo invece davanti all’opera prima di un singolo sviluppatore, tale tobyfox, che da semplice modder di rom “hackate” di Mother 2 (meglio noto in occidente col nome di Earthbound) ha deciso compiere un passo in avanti e realizzare qualcosa che guarda addirittura avanti, al futuro del medium videoludico. Pensateci: un finto-jrpg nel quale non bisogna necessariamente uccidere i nemici in battaglia. Assurdo, non trovate? Eppure è proprio questa una delle carateristiche più interessanti in grado di innescare particolari dinamiche nel proseguo dell’avventura.
Procediamo però con ordine partendo dalle premesse narrative. Come spiegato brevemente da una serie di schermate introduttive il nostro alter-ego digitale dalle fattezze di una piccola bambina cade inavvertitamente dentro una profondissima voragine mentre esplorava una caverna dalla quale la popolazione locale si è sempre tenuta alla larga.
Essa rappresenta infatti l’unico punto d’accesso al regno sotterraneo dei mostri e il nostro primo incontro ﹣ manco a dirlo ﹣ avviene con due di essi. Il primo, Flowey, all’apparenza benigno si dimostra subito ostile. Ma quando tutto sembra perduto interviene Toriel, un’anziana creatura dalle fattezze caprino-antropomorfe che oltre a spiegarci per filo e per segno come funzionano le cose in questo nuovo regno dimostra sin da subito uno spiccato istinto materno nei confronti del nostro avatar. Da questo momento in poi sarà ben chiara la nostra missione: tornare in superficie, ma come riuscirci dipenderà tutto dalle nostre azioni nel corso del gioco.
QUAGGIÙ… SI TRATTA DI UCCIDERE O VENIRE UCCISI!
L’interfaccia e i controlli del gioco sono abbanza spartani. Il personaggio controllato incomincia l’avventura dal primo livello con esperienza nulla.
Mentre esploriamo le diverse ambientazioni dell’enorme complesso sotterraneo potrebbero innescarsi alcuni incontri casuali con gli abitanti del luogo. In tale eventualità la visuale cambia dalla terza alla prima persona ricordando molto la serie Dragon Quest. I mostri saranno visualizzati frontalmente nella porzione superiore dello schermo mentre una barra di comandi per attaccare, utilizzare oggetti, parlare e fuggire/risparmiare gli avversari.
La prima opzione, quella offensiva, è gestita attraverso un minigioco in stile Qte alla Paper Mario nel quale bisogna premere con tempismo un tasto per arrestare il movimento di un indicatore su alcune aree di una barra: più precisi saremo maggiori saranno i danni causati dal nostro attacco. Il comando “Talk” invece ci permette di dialogare con i nemici e apre un menù secondario con verbi d’interazione contestuali al nemico affrontato.
Uno di questi però non cambia mai, “check”, e permette di scoprire le statistiche del mostro insieme a una breve descrizione che fornisce indizi sui suo comportamento. Proprio a partire da questi potremo scoprire quali sono i verbi d’interazione corretti per “placare” l’animosità del nemico.
A volte occorrerranno più tentativi però ﹣ ed ecco una delle tante piccole sorprese inaspettate di Undertale ﹣ gli effetti si manifesteranno immediatamente: gli attacchi diventeranno più facili da evitare, infliggeranno meno danni, a volte potrebbero persino curarci. Non appena il testo che indica il nome del mostro muta colore dal bianco al giallo potremo decidere di risparmiarlo, terminando lo scontro. Abbiamo utilizzato il tempo condizionale perché non siamo obbligati e la scelta ﹣ di fatto ﹣ comporta conseguenze diverse.
Se infatti ci dimostriamo magnanimi otterremo soltanto oro mentre un comportamento genocida ci permetterà di guadagnare anche esperienza e aumentare così il nostro livello.
Tale meccanica di rischi e guadagni associati non si limita all’immediato ma come già anticipato all’inizio della nostra recensione produce una valanga di ripercussioni sul lungo periodo: oltre al divenire noi stessi di fatto “più potenti” (e poter così resistere a più danni prima di morire) i personaggi che incontreremo verranno a conoscenza del nostro comportamento e ce lo rinfacceranno durante i dialoghi. Ma non solo: potranno decidere se aiutarci o meno, diventare nostri amici/alleati o punirci per le nostre malefatte scatenando tutto il loro (a volte) terrificante e letale potere nascosto.
L’idea del dialogo con i nemici seppur innovativa e parecchio interessante (oltre che ben implementate nell’arco di tutta l’avventura) non è però originale. L’autore stesso ha ammesso candidamente di essersi ispirato all’analogo meccanismo già presente nella serie Shin Megami Tensei dove, appunto, era possibile convincere i demoni affrontati a divenire nostri alleati o comunque lasciarci in pace rifuggendo la battaglia.
Un’altra meccanica per così dire “riciclata” la ritroviamo in Undertale ogniqualvolta i mostri compiono l’attacco durante il loro turno: si avvia così un minigioco in stile sparatutto danmaku nel quale la nostra “astronavicella” (rappresentata da un minuscolo cuoricino rosso) deve schivare piogge di proiettili di svariata fattura, velocità e dimensione per evitare di subire danni. Come potrete immaginare chiunque sia poco pratico o comunque abbia dei riflessi pessimi incontrerà non pochi grattacapi durante queste sezioni.
SEI ABBASTANZA DETERMINATO?
Potremmo raccontarvi di quali personaggi o situazioni abbiamo apprezzato o meno durante le nostre partite ﹣ e abbiamo utilizzato il plurale di proposito perché Undertale si presta ad essere rigiocato almeno tre volte per riuscire a scoprire il gioco nella sua totalità ﹣ ma non lo faremo per non rovinarvi o comunque influenzare la vostra esperienza ludica. Se proprio dobbiamo trovare qualche altro minuscolo difetto allora sappiate sin da adesso che sono presenti alcuni piccoli enigmi ambientali disseminati in alcuni momenti dell’avventura che seppur banali e semplici sarebbe stato meglio rimuovere perché rischiano di far scemare l’interesse. Inoltre se non padroneggiate la lingua inglese potreste non godervi appieno tutto quello che Undertale ha da offrire (ma mai al punto da restare bloccati nel gioco).
A fronte di un comparto grafico “povero” e spartano si contrappone anche una colonna sonora eccezionale composta dallo stesso tobyfox e costituita da tracce chiptune parecchio orecchiabili che con tutta probabilità vi resteranno in testa anche dopo aver portato a termine il gioco.
COMMENTO FINALE
Undertale è stata una delle piccole sorprese inattese di quest’anno nonché una delle migliori produzioni indipendenti del 2015. Un’esperienza che scalda il cuore ma che al tempo stesso parla direttamente alla nostra anima riuscendo a tirarci fuori il nostro “vero io”. Un viaggio interiore da fare più e più volte a cui persino le più blasonate produzioni ad alto budget dovrebbero guardare per carpirne i segreti del successo ed implementarli a loro volta.