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Swapmeat, è ora di diventare degli abomini per sopravvivere, anteprima

Uno shooter assurdamente divertente dove raccogliere e innestare arti alieni diventa la chiave per restare in vita

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Swapmeat è un progetto assurdamente bizzarro, che ha come protagonisti arti innestati e carne che vola da tutte le parti. Ma andiamo con ordine: dietro a quest’idea c’è One More Game, una software house indie di Seattle (che però opera interamente da remoto ndr) formata da un piccolo gruppo di sviluppatori con importanti esperienze in produzioni come League of Legends, Diablo, Warcraft. Non proprio bruscolini insomma.

Insieme però hanno scelto di staccarsi dalle grandi strutture per iniziare a sperimentare, puntando su idee forti e identità marcate. E questo loro primo progetto rappresenta esattamente questo: un videogioco che non ha paura di essere sopra le righe, ma che dietro l’estetica grottesca mostra una chiara ambizione di design, soprattutto nel voler rinnovare un genere ormai molto affollato come quello degli action roguelite.

Bando alle chiacchere e tuffiamoci nella mischia con questa anteprima di Swapmeat. Ricordiamo che il gioco, pubblicato dallo stesso team di sviluppo, è disponibile in accesso anticipato solo su Pc, via Steam. Buona lettura.

UNA GALASSIA AL SERVIZIO DELLA MEGACORP

L’universo di Swapmeat ci catapulta in un futuro tutt’altro che eroico. Il protagonista non è un salvatore, ma un semplice “dipendente” al soldo di una megacorporazione spaziale, spedito su pianeti ostili per recuperare campioni biologici a colpi di fucile.

La trama, volutamente leggera e ironica, fa da cornice a un mondo che prende in giro il linguaggio aziendalista e la fantascienza più cinica, costruendo un contesto che non si prende mai troppo sul serio, ma che riesce comunque a dare un senso alle nostre scorribande interplanetarie.

Non ci troviamo di fronte a una narrazione profonda o ramificata, quanto piuttosto a un pretesto funzionale al gameplay. Missioni rapide, obiettivi chiari e un flusso continuo di combattimenti che spingono il giocatore a migliorarsi run dopo run.

SCAMBIARE PER SOPRAVVIVERE

Swapmeat

Il vero marchio di fabbrica di Swapmeat è, ovviamente, la sua meccanica di scambio delle parti del corpo. Sconfiggendo i nemici, questi lasciano a terra arti, teste e busti che possono essere raccolti e innestati in tempo reale sul nostro personaggio. Ogni parte conferisce abilità specifiche: attacchi speciali, bonus alla mobilità, modifiche alle armi o effetti passivi che cambiano radicalmente il modo di affrontare gli scontri.

Il risultato è un sistema di build dinamico e imprevedibile. Non si pianifica tutto a tavolino: spesso si è costretti ad adattarsi a ciò che il campo di battaglia offre, creando combinazioni tanto potenti quanto assurde. Ed è qui che l’opera di One More Game trova la sua identità, trasformando ogni run in un piccolo laboratorio di sperimentazione, dove il confine tra scelta strategica e improvvisazione è sottilissimo.

Swapmeat

Sul piano del gameplay, il titolo si presenta come uno sparatutto in terza persona rapido e aggressivo. Le arene sono popolate da orde di nemici che ci spingono continuamente a muoverci, schivare e sfruttare al meglio le abilità acquisite. Il ritmo è alto, quasi arcade, ma sostenuto da una struttura roguelite classica. Morte permanente, progressione tra una run e l’altra e sbloccabili che ampliano gradualmente le possibilità.

La presenza della modalità cooperativa fino a quattro giocatori aggiunge un ulteriore livello di caos e divertimento. In squadra infatti il campo di battaglia diventa un festival di corpi scambiati, abilità che si sovrappongono e situazioni imprevedibili, dove la coordinazione può fare la differenza ma dove anche l’anarchia presenta il suo fascino. È una co-op pensata per esaltare l’immediatezza del gioco più che per costruire strategie millimetriche, e funziona davvero bene.

ESAGERARE MA CON STILE

Swapmeat

A livello grafico Swapmeat punta su uno stile colorato e volutamente esagerato, che trasforma il body horror in qualcosa di quasi cartoonesco. Le creature aliene sono grottesche ma mai realmente disturbanti, mentre gli ambienti alternano scenari naturali alieni a strutture industriali che ricordano l’oppressione della megacorp per cui lavoriamo. L’obiettivo è chiaro: rendere leggibile il caos, senza però rinunciare alla personalità.

Tecnicamente, il gioco privilegia la fluidità. Le animazioni delle parti scambiate si integrano sorprendentemente bene, mantenendo coerenza visiva anche nelle combinazioni più improbabili. L’interfaccia, almeno allo stato attuale, richiede ancora qualche rifinitura per gestire al meglio l’enorme quantità di informazioni durante l’azione, ma la base appare solida e funzionale a un gameplay che non concede tregua.

Swapmeat

PROMETTENTE

Swapmeat si presenta come uno di quei progetti che colpiscono subito per l’idea centrale, ma che promettono di andare oltre il semplice colpo d’effetto iniziale. La meccanica dello scambio di parti rappresenta il fulcro di un sistema di gioco che incoraggia sperimentazione, adattamento e creatività, inserito in un impianto roguelite solido e frenetico. Se il team di One More Game riuscirà a bilanciare al meglio varietà, progressione e rifinitura tecnica lungo il percorso di sviluppo, ci troveremo di fronte a un titolo capace di ritagliarsi uno spazio preciso nel panorama indie. Cioè quello dei giochi che non hanno paura di osare, ma che dietro l’eccesso nascondono una visione chiara. Per ora, abbiamo di fronte una promessa fatta di carne, caos e potenziale: non resta che scoprire fin dove potrà spingersi.

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