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50 Indie Games that Changed the World, la grandezza dei “piccoli”

Un approccio critico (più che celebrativo) ai videogiochi indipendenti che hanno cambiato per sempre il medium videoludico

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Coloro che amano studiare (o comunque approfondire circa) i videogiochi avranno sentito nominare almeno una volta nella vita Bitmap Books. Si tratta di una casa editrice indipendente con sede nel Regno Unito, fondata nel 2014 da Sam Dyer, specializzata in libri dedicati alla storia, all’arte e in generale alla cultura dei videogiochi, spesso con focus sul retrogaming o su aspetti specifici del medium.

Si tratta di pubblicazioni dal valore riconosciuto a livello internazionale, dove nella stesura prendono parte attivamente sviluppatori, designer in generale figure note dell’industria. Con la crescita esponenziale dell’ambito relativo ai videogiochi indipendenti, ci è sembrato doveroso trattare il recentissimo 50 Indie Games that Changed the World. 50 videogiochi indie che hanno cambiato il mondo.

L’autore, il giornalista britannico Aaron Potter, ci propone dunque un tomo di spessore (letteralmente): 452 pagine cartonate con un obiettivo ambizioso, ovvero raccontare non i migliori titoli indipendenti in assoluto. Bensì quelli che per innovazione, coraggio, influenza culturale o semplicemente impatto sul settore hanno in qualche modo apportato cambiamenti nel mondo del gioco digitale.

50 GIOCHI, ZERO CLASSIFICHE

Come accennato pocanzi, l’autore ha selezionato i titoli protagonisti del libro non in base alle vendite o ai voti ricevuti dalla critica, ma secondo un criterio quasi “filosofico”, nonchè molto caro a chi vi scrive (in virtù della laurea in Scienze Storiche ndr): l’importanza storica e culturale di ciascuna opera. Già nell’introduzione Potter, con la sua lucidità da critico consumato nonché gamer esperto, fa presente come sia praticamente impossibile definire in modo univoco cosa sia un videogioco “indie”.

Specialmente in un’epoca come la nostra, dove strumenti come Unity e GameMaker hanno abbassato le barriere tecniche per gli sviluppatori indipendenti. Cioè hanno permesso a un numero di persone molto più ampio rispetto al passato di realizzare il proprio videogioco, di trasformare la propria idea in realtà. Questa premessa risulta fondamentale perché orienta la lettura. Non è una questione di classifiche o di voti, bensì di narrazioni: ognuna delle quali esplora il contesto di sviluppo, le idee alla base del progetto e il modo in cui quella particolare opera ha influito sul linguaggio dei videogiochi.

50 Indie Games that Changed the World
Capire di chi si tratta dovrebbe essere semplice. Non riuscirci sarebbe un… Peccato

Uno dei principali punti di forza del libro è il fatto che ciascuna voce viene accompagnata da interviste originali con gli sviluppatori, che restituiscono un senso di testimonianza diretta e personale, spesso assente nei volumi di saggistica videoludica. Come da tradizione per Bitmap Books, la cura editoriale poi è eccellente: rilegatura cucita, stampa litografica bord‑to‑bord su carta pregiata, copertina con dettagli dorati e pagine che si aprono completamente. Un’esperienza “tattile” e in generale fisica che rispecchia la qualità di ciò che si racconta.

Ogni sezione di 50 Indie Games that Changed the World è inoltre costellata di artwork, screenshot in alta qualità e concept art che supportano l’immersione nell’identità visiva dell’opera discussa. Utilizzo di tipografie forti, impaginazioni dinamiche, doppie pagine dedicate: l’impostazione prescelta dalla casa editrice ricorda (o meglio, vuole ricordare) le pubblicazioni di alto profilo dedicate alla storia dell’arte o al design, e non a caso lo scopo di dare “peso visivo” e concettuale ai videogiochi trattati risulta perfettamente raggiunto.

SCELTE PIÚ E MENO CORAGGIOSE

50 Indie Games that Changed the World
Non può mancare quel piccolo gioiellino del nostro connazionale Poncle, cioè Vampire Survivors

In 50 Indie Games that Changed the World l’autore mostra inoltre una mappa della “creatività indipendente” che va oltre i semplici fenomeni commerciali. Nell’elenco dei titoli trattati figurano per forza di cose opere ormai celebri come Gris, Hollow Knight e Cuphead, ma anche altri meno noti tra il grande pubblico come Coffee Talk e Stories Untold.

Per ciascun gioco troviamo il contesto di sviluppo (chi lo ha fatto, come e perchè), una disamina delle meccaniche e dell’estetica, un’analisi dell’impatto culturale sull’industria e/o sulla comunità dei giocatori e infine la conclusione “how it changed the world”. Cioè un piccolo epilogo che sintetizza l’eredità lasciata dal titolo di turno.

50 Indie Games that Changed the World
Svariati nomi noti, ma anche qualcuno passato un po’ più in sordina (ma non per questo meno importante)

Abbiamo trovato questa formula solida, anche se non perfetta. Certo, in alcuni capitoli la chiusura narrativa può apparire ripetitiva o meno incisiva di altre, ma è un’organizzazione strutturale che nel complesso funziona bene perchè non si limita a dichiarare che un gioco è importante, ma dimostra perchè lo è stato.

Anche la scelta di inserire i videogiochi indie protagonisti del libro in ordine alfabetico nell’indice risulta più intelligente e meno banale di quanto non sembri a prima vista. In questo modo infatti il lettore viene letteralmente liberato dall’idea, possibile o effettiva, circa l’esistenza di una classifica. E può quindi passare dal walking simulator al platformer o dal bullet hell al roguelite con naturalezza.

NON UN’ENCICLOPEDIA, MA UNA VISIONE DELL’INDIE

50 Indie Games that Changed the World
Umili origini, grandi ambizioni. E naturalmente divertimento sconfinato

Per comprendere al meglio il ruolo dei videogiochi indie negli ultimi vent’anni e oltre (oltre alla loro evoluzione vera e propria), 50 Indie Games that Changed the World è una lettura che non possiamo evitare di definire irrinunciabile. Non è un compendio intriso di nostalgia, ma un catalogo che racconta di idee e di impulsi creativi che hanno influito in maniera concreta sul medium videoludico.

Certo la selezione dei titoli protagonisti di questo libro non potrà mai scrollarsi di dosso una fisiologica soggettività. Non mancano infatti altre produzioni indie che avrebbero potuto tranquillamente essere inclusi da Potter, ma poi da cinquanta i titoli sarebbero potuti diventare cento, o anche mille a seconda dei casi. A prescindere da questo, tuttavia, il lettore viene ugualmente spinto a interrogarsi su cosa significhi davvero “cambiare il mondo videoludico”.

50 Indie Games that Changed the World
Non c’è dubbio che Hades abbia davvero lasciato il segno nel mercato; e infatti eccolo presente

Un interrogativo che va ben oltre il semplice clamore mediatico o successo commerciale. E proprio relativamente a questo tema emerge un’altra qualità concreta del lavoro di Potter, cioè l’onestà intellettuale di fondo. Ciò che distingue 50 Indie Games that Changed the World da altre pubblicazioni sui generis è proprio il fatto di perseguire, adottare una chiave di lettura critica, che punta ai fatti e non fa alcuno sconto.

I videogiochi indie protagonisti del libro non vengono semplicemente celebrati, ma ne vengono riconosciuti i limiti, narrativi e non solo. Essi non si trovano qui “per il fatto di essere belli”, ma per aver portato qualcosa di nuovo o spiazzante nel panorama videoludico. Si parla di gameplay, di cultura digitale, di estetica e, quando serve, anche di come dei fallimenti completi o parziali siano riusciti a diventare delle vere e proprie lezioni di creatività per i posteri.

50 Indie Games that Changed the World
Grosso, duro, bellissimo. Sicuramente un’idea regalo con i controcapperi. Lo trovate qui

UN MUST HAVE PER AMATORI E ADDETTI AI LAVORI

50 Indie Games that Changed the World non è un semplice libro: è una storia sui videogiochi indipendenti narrata con rispetto da chi l’ha vissuta in prima linea. E’ un volume che ogni vero appassionato dei videogiochi, critico e in generale professionista del settore dovrebbe avere nella propria libreria. Non solo per la qualità oggettiva del tomo (bellissimo da vedere e da toccare, oltre che da leggere), ma per lo spessore culturale che ha come intento quello di cambiare il modo in cui vengono visti i videogiochi indie. Per chi vuole cercare di capire come certe opere, anche piccole e coraggiose, siano riuscite a plasmare l’industria videoludica moderna, il lavoro di Aaron Potter rappresenta un eccellente punto di partenza.

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