L’umanità ha sempre sognato lo spazio, ma Moros Protocol ci ricorda che là fuori non siamo propriamente i predatori all’apice della catena alimentare. L’ultima fatica di Pixel Reign, piccolo studio indipendente con ambizioni grandi quanto una galassia, ci catapulta a bordo della Orpheus, una nave da guerra ormai ridotta a un relitto popolato da orrori biologici pronti a divorare tutto ciò che si muove.
Il protagonista è Alex, un soldato che si risveglia in un corpo non suo (dopo l’ennesima morte si ritrova in un corpo di riserva ndr). Attraverso il protagonista ci troveremo a esplorare corridoi invasi dal sangue, liquidi verdastri e resti di ciò che un tempo era l’equipaggio. Ogni run sarà un tentativo disperato di sopravvivenza, guidato da un’intelligenza artificiale che sembra saperne più di quanto lasci intendere. La missione? Capire cosa è andato storto sulla Orpheus… E possibilmente uscirne vivi.
Diamo quindi inizio all’avventura con questa recensione di Moros Protocol, curata dal nostro Simone Mafara. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Super Rare Games, è disponibile solo su Pc, via Steam. Buona lettura.
UN PROTOCOLLO DA ATTIVARE (CON CAUTELA)
Ogni partita inizia nello stesso modo: Alex si risveglia in una stanza di contenimento, armato di una semplice katana e di tanta confusione. Da lì inizia l’esplorazione di ambienti generati proceduralmente, collegati in una mappa ramificata dove ogni porta può nascondere ricompense o trappole. Le prime stanze sono quasi tranquille (qualche mostro, qualche cassa, il tempo di capire come muoversi), ma bastano pochi minuti perché la Orpheus riveli la sua vera natura.
Un labirinto di metallo, carne e luce pulsante, dove i suoni della nave si confondono con i versi delle creature che la infestano. L’obiettivo è sempre lo stesso: eliminare i nemici, trovare risorse e raggiungere il portale finale del settore. Ma decidere quando proseguire e quando restare a esplorare diventa presto una questione di istinto: rischiare per ottenere un potenziamento in più o conservare le energie per il prossimo boss?
SANGUE, ACCIAIO E STAMINA

Il sistema di combattimento è rapido e teso, ma non perdona l’imprecisione. La gestione della stamina sarà determinante per la riuscita della nostra avventura: scatto, parata e colpi consumano stamina, e non gestire correttamente l’energia potrebbe significare game over se non si è fortunati. All’inizio Alex si affida solo alla katana, ma presto potrà impugnare armi da fuoco di tre categorie (fisiche, energetiche e da mischia), ognuna con un feeling diverso e un ruolo preciso. Il gioco non regala nulla: le munizioni sono limitate, i colpi devono essere misurati e la precisione è cruciale, anche perché non si può sparare mentre ci si muove.
Una scelta di design che costringe a ragionare, fermarsi e scegliere quando colpire. Eliminare i nemici riempie una barra di recupero che permette di curarsi, incentivando uno stile aggressivo. A questo si aggiungono distributori automatici e mercanti sparsi per la nave, dove investire crediti e biomateria per potenziare armi, armature e abilità permanenti. Le opzioni di personalizzazione sono ampie e permettono di costruire build sempre nuove, tra modifiche tattiche e potenziamenti passivi che rendono ogni run diversa dalla precedente.
UN ECOSISTEMA CHE VIVE (E MUORE) CON TE

Ogni stanza della Orpheus sembra viva, respirante, come se la nave stessa fosse un organismo. Alcune pareti pulsano, altre celano passaggi segreti dietro membrane organiche che si possono squarciare con la spada al prezzo, però, di qualche punto vita. È un rischio calcolato, come tutto in Moros Protocol: ogni decisione pesa, ogni tentativo di esplorazione può essere quello fatale. I nemici sono vari e si differenziano tra alieni che strisciano o che volano, mentre altri che agiscono in sciami. Le prime run serviranno per abituarsi al ritmo, ma man mano che andremo avanti il gioco inizierà a farsi sempre più punitivo.
I corridoi si faranno più lunghi, le battaglie più intense e le morti sempre più frequenti. Come in ogni roguelite che si rispetti tuttavia le nostre morti non saranno vane, visto che avremo la possibilità di potenziarci così da effettuare poi una run migliore, più consapevole e più letale. Il sistema di progressione funziona bene: i potenziamenti accumulati tra una run e l’altra non stravolgono l’esperienza, ma la migliorano con costanza. È un equilibrio sottile tra sfida e gratificazione, che mantiene alta la tensione anche dopo decine di tentativi.
TECNOLOGIA AL SERVIZIO DELL’INCUBO

Il team di Pixel Reign punta su una pixel art cupa e sporca, ma incredibilmente espressiva. Le luci filtrano tra fumi e liquidi organici, i metalli riflettono bagliori verdi e rossi, e tutto contribuisce a creare un senso di disagio costante. La Orpheus non è solo un’ambientazione: è un personaggio a se stante, un mostro silenzioso che osserva. Le cinematics spezzano l’azione nei momenti giusti, aggiungendo contesto e mistero.
Tecnicamente, il gioco si comporta bene: caricamenti rapidi, stabilità solida e nessun calo di framerate degno di nota. Anche il comparto audio gioca un ruolo importante con sintetizzatori distorti, ronzii metallici e silenzi improvvisi che aumentano la tensione. Ogni suono sembra provenire da qualcosa di vivo, nascosto da qualche parte nella nave.

DA AVERE SENZA RISERVE
Moros Protocol è un FPS roguelite fantascientifico duro e diretto, dove la curiosità è spesso la tua peggior nemica. Ci vuole un po’ per entrare nel ritmo, ma una volta dentro è difficile smettere: ogni run racconta una storia, ogni morte lascia un segno, ogni stanza è un passo in più verso la follia. Pixel Reign firma un titolo compatto, visivamente affascinante e ricco di tensione, che riesce a catturare l’essenza del genere senza sacrificare atmosfera e identità. Non sarà perfetto, ma riesce dove molti falliscono: far sentire il giocatore solo, vulnerabile e vivo, nel buio gelido dello spazio.
Pregi
Atmosfera riuscitissima e direzione artistica coerente con un gameplay ben bilanciato (e sorprendentemente strategico) e un'ottima costruzione della tensione.
Difetti
Manca qualche elemento di novità rispetto ad altri roguelite del genere con una narrazione interessante ma solo accennata, più funzionale all’atmosfera che alla trama.
Voto
8