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La localizzazione nei videogiochi, intervista a Romanina Cozzolino

In occasione della "Giornata mondiale della traduzione", facciamo il punto della situazione in Italia con una professionista del settore

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Localizzazione e traduzione di videogiochi. Un tema più attuale che mai, specialmente con l’avvento dell’IA che promette (o minaccia, a seconda dei casi) di snellire, semplificare tali processi. Questo però a discapito di coloro che ci lavorano attivamente, e che fanno dell’atto di rendere fruibili i videogiochi in altre lingue il proprio lavoro. Oggi, in occasione della Giornata mondiale della traduzione (istituita in onore di San Girolamo, ritenuto santo patrono dei traduttori dal 1953 e a cui si deve la prima traduzione della Bibbia in lingua latina ndr) abbiamo voluto approfondire il tema. E più nello specifico la situazione a livello lavorativo, in particolare nel nostro paese. Ma andiamo con ordine.

Qualche settimana fa, tramite la recensione di Goosebumps: Terror in Little Creek, siamo entrati in contatto con Romanina Cozzolino, specialista in localizzazione e traduzione di videogiochi che aveva recentemente lavorato proprio all’avventura narrativa a tema horror realizzata da PHL Collective. Da lì la nostra idea di farle alcune domande circa le modalità con cui si svolge oggi tale lavoro, come è la situazione in Italia e come l’avvento dell’IA ha cambiato le carte in tavola. Di seguito l’intervista a Romanina Cozzolino. Buona lettura.

Romanina Cozzolino
Romanina Cozzolino (a destra) in compagnia di Maul Cosplay, noto cosplayer tedesco

Presentati al pubblico.

Ciao a tutti! Sono Romanina Cozzolino e lavoro principalmente nella localizzazione di videogiochi e giochi da tavolo. In sintesi, traduco e localizzo tutto il materiale inerente questi prodotti.

Come nasce Romanina Cozzolino traduttrice/localizzatrice? E come sei riuscita a trasformare questa passione nel tuo lavoro?

Ho pensato che fosse una buona idea combinare la mia grande passione per i videogiochi con gli studi in lingue, e intraprendere una carriera incentrata su queste due cose. Anche perché ho sempre ritenuto che fosse un settore in crescita, e mi affascinava moltissimo lavorare nell’industria videoludica. Sono riuscita a trasformarla in un lavoro un po’ per caso. Ho inviato diverse candidature, maggiormente all’estero, per poi muovere i primi passi grazie ad alcune LSP (Language Service Provider) che, dopo aver superato i loro test, mi hanno dato fiducia e affidato i primi incarichi.

Come è la situazione lavorativa per quanto riguarda le localizzazioni italiane? C’è molto lavoro? E nel caso più da piccole o grandi aziende?

Lavorare come freelance già di per sé è un continuo roller coaster (montagne russe ndr): molti alti e bassi, il lavoro può o non può essere costante, a volte ti giri i pollici e a volte non hai un attimo di respiro. Insomma, non si sa mai cosa aspettarsi. Il problema del mercato italiano risiede principalmente nelle scelte dei publisher, che in sintesi ragionano facendo unicamente valutazioni di costo-beneficio. Una localizzazione non è solo tradurre un testo, ma ha tanti costi e richiede un lavoro di mesi, se non anni, e tali costi possono pesare sulle scelte aziendali. Valutano attentamente se l’investimento sarà coperto e se il mercato italiano garantirà valori significativi: solo così la traduzione è quasi assicurata.

In questo caso l’italiano deve spesso lottare, perché si tende a favorire altre lingue. Non perché l’Italia non conti, ma perché il rischio di non coprire tutti i costi è più alto. L’investimento, però, può cambiare la percezione del titolo (basti pensare a quando si scarta un gioco solo perché non è stato tradotto, il classico commento “niente italiano? Scaffale”). Insomma, la lingua è ancora oggi un fattore determinante per l’acquisto. Quello che bisogna fare è farsi “sentire”: mettere il gioco in wishlist, parlarne nelle community, far sapere agli sviluppatori che il gioco è richiesto, e che verrà acquistato e giocato in italiano. Il mercato italiano esiste ed è ricco di tanti talentuosi professionisti pronti a localizzare i loro giochi.

Romanina Cozzolino
Tra i numerosi videogiochi a cui Romanina Cozzolino ha lavorato figura il celebre metroidvania di The Game Kitchen

Il vostro lavoro viene sempre riconosciuto? Se sì in che modo?

Sì e no. Lavorando a progetti altamente confidenziali e avendo firmato NDA (Non-Disclosure Agreement) non sempre possiamo divulgare che abbiamo lavorato a un determinato progetto, neanche dopo che è stato pubblicato, se non dopo il consenso specifico dei clienti o degli LSP. Per tale motivo è nato il movimento #TranslatorsInTheCredits legato all’industria dei videogiochi per affrontare il problema dei traduttori che non vengono citati nei crediti dei giochi a cui hanno lavorato, a causa di una legislazione che non riesce a stare al passo con la rapida crescita del settore.

Il portfolio di un traduttore è una risorsa preziosa, ma la mancanza di crediti significa che non può condividere il suo lavoro. Tutti i traduttori meritano il riconoscimento per il loro ruolo. Anche in questo caso, se vi piace un gioco e notate che i traduttori non sono stati citati nei crediti, utilizzate l’hashtag #TranslatorsInTheCredits per contribuire a sensibilizzare su questo tema. Per fortuna però sempre più sviluppatori e publisher danno i giusti riconoscimenti nei crediti, sperando diventi una prassi sempre più comune, se non obbligatoria.

Giochi mai a un videogioco prima di localizzarlo (e/o dopo averlo localizzato)? Che sensazioni ti dà?

Personalmente, solo una volta ho giocato a un videogioco prima di localizzarlo, poiché l’ho tradotto solo in seguito visto che inizialmente era stato pubblicato solo in inglese. Ma a parte questo singolo titolo, non mi è mai capitato. Il motivo è semplice: il 99% delle volte si tratta di prodotti in sviluppo e i traduttori molto spesso il gioco non lo vedono neanche con il binocolo. Può capitare di lavorare totalmente al buio oppure, in casi più fortunati, di ricevere qualche materiale di riferimento (come contesto, screenshot, più raramente qualche video) insieme a tutto il kit di localizzazione. Ho giocato invece a videogiochi da me tradotti o revisionati e devo dire che è sempre un’emozione fantastica! L’unico lato negativo, forse, è l’essersi spoilerati gran parte della trama prima di poterlo giocare da zero, e a volte ciò può rovinare un pochino l’esperienza.

Quella del traduttore/localizzatore è una realtà sufficientemente remunerativa? La situazione era forse diversa prima del 2020 (COVID ndr)?

Ho iniziato la mia attività proprio nel 2020 (strano ma vero), quindi non so nello specifico come fosse prima dell’avvento del COVID, ma qualcosa mi dice che la situazione sia gradualmente cambiata. Sfortunatamente le tariffe per la traduzione, negli ultimi tempi, hanno avuto un calo. In alcuni contesti sono proprio precipitate. Non mi dilungherò troppo su questo argomento ma, purtroppo, capita spesso in questo settore perdere regolarmente clienti o non ricevere più lavoro semplicemente perché hanno trovato qualcuno che accetta proposte di tariffe più basse ed economiche. E a lungo andare questo potrebbe nuocere al settore, soprattutto ora che l’MTPE (Machine Translation Post-Editing) è sempre più incluso nel flusso di lavoro, quindi c’è la possibilità che la situazione peggiori, ma voglio restare positiva. D’altronde servono le competenze “umane” anche per controllare la traduzione automatica.

Quanto è cambiato il tuo lavoro con l’avvento dell’IA? Ti è mai capitato di farne uso?

Ultimamente l’intelligenza artificiale spopola, lo so. E non solo in questo settore. Ma le macchine fanno errori, molti. Personalmente non la uso e, secondo me, è essenziale che i traduttori umani restino parte integrante del team e del processo di localizzazione. Pensare di automatizzare totalmente il tutto per ridurre i costi non è la strategia migliore da seguire e a mio avviso finisce solo col danneggiare l’azienda e/o il prodotto. Sebbene alcuni risultati MTPE a cui ho lavorato sono spaventosamente sempre più corretti, non sono mai davvero perfetti, e per quello serve una mente umana dietro. Incrocio le dita che non debba cambiare lavoro nei prossimi anni, insomma.

Di solito traduci solo in italiano o anche verso/da altre lingue?

In genere si traduce sempre verso la propria lingua natìa. Infatti traduco dall’inglese all’italiano e, poiché lo sto studiando, spero un giorno di tradurre anche dal giapponese.

Romanina Cozzolino
Recentemente Romanina Cozzolino ha lavorato alla localizzazione di PAC-MAN WORLD 2 Re-PAC, uscito in questi giorni su Pc e console

Nelle produzioni indie si notano non di rado traduzioni imprecise o errate. Al netto dell’ormai sempre più diffuso utilizzo dell’IA, ritieni che si possa trattare di semplici errori di distrazione o..?

Un errore di distrazione portato fino all’uscita del gioco significa un lavoro di localizzazione non fatto adeguatamente. Poiché un semplice errore di traduzione/adattamento culturale deve poi necessariamente passare per revisione, LQA e testing (anche se non sempre è così, purtroppo). E se neanche in quel caso è stato corretto, qualcosa non ha funzionato. Non è semplice risalire alla causa di traduzioni imprecise o errate, soprattutto se non si è nel progetto. Spesso però non è tutta colpa dei traduttori, poiché la stragrande maggioranza delle volte ci troviamo di fronte a mancanza di contesto, o assenza di risposte alla richiesta di spiegazioni da parte del cliente (oppure risposte discutibili e poco utili), o zero riferimenti visivi.

Localizzare un videogioco è un lavoro solitario o di gruppo? Come si svolge nello specifico?

Entrambi. Generalmente è solitario poiché il contatto con LSP/clienti è diretto e molto riservato, si tende a non far trapelare nulla. Infatti, molto spesso, almeno per quanto riguarda le collaborazioni da freelance, non si ha modo neanche di parlare, confrontarsi o interagire direttamente con gli altri traduttori e revisori, se non tramite i PM (Project Manager). Situazione immagino diversa per i ruoli in-house. Qualche volta ho avuto modo, invece, di collaborare tramite canali privati con il team di traduttori e revisori, sotto direttive dei PM. Devo dire che si lavora molto meglio, si è più produttivi e, soprattutto, può essere anche più divertente. Lo svolgimento cambia a seconda del cliente e del progetto.

Solitamente si riceve una richiesta di disponibilità per un determinato “task” relativo al gioco X, di tot parole, che può essere di breve o lunga durata e con una specifica data di consegna. Altre volte può arrivare a sorpresa direttamente il task (che può essere sia grande che piccolo), sempre con una determinata deadline da rispettare. Il processo di traduzione avviene in cloud su un server tramite un CAT tool (Computer-Assisted Translation) e nel mio caso la maggior parte delle volte è memoQ. Si tratta di un software che, detto in parole povere, “aiuta” nel flusso di lavoro. Non traduce, attenzione, ma assiste e velocizza il lavoro tramite la creazione di memorie di traduzione.

Hai mai sognato di tradurre un videogioco a te caro (se sì quale)? Avresti modo di farlo? Come?

Ho sempre sognato di tradurre un nuovo titolo della saga di Ace Attorney, il mio gioco del cuore. Come avrei modo di farlo? Beh, probabilmente lavorando direttamente per Capcom in-house! (Sognare non costa nulla).

Grazie per il tuo tempo.

Grazie mille a voi e a tutta la redazione per avermi dedicato questo piccolo spazio. Mi trovate qui nel caso.

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