Il genere degli action adventure in terza persona è un terreno difficile. Ci sono colossi come God of War o The Last of Us, ma anche produzioni indipendenti che provano a ritagliarsi uno spazio con budget decisamente più contenuti. Echoes of the End, primo progetto di Myrkur Games, si colloca proprio qui: un’avventura fantasy cinematografica costruita in Unreal Engine 5, che non cerca di rivoluzionare il genere ma che cerca di raccontare un mondo vivo, popolato da personaggi credibili e da storie che meritano di essere scoperte.
Andiamo quindi a scoprire Echoes of the End in questa recensione della versione PS5, curata dal nostro Simone Mafara. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Deep Silver, è disponibile anche su Pc e Xbox Series X/S. Buona lettura.
AEMA, UN MONDO CHE PARLA
Sin dai primi istanti si percepisce quanto Aema sia più di uno sfondo. È un luogo che respira, che ti racconta la sua storia pezzo dopo pezzo. Ryn, la protagonista, è una giovane maga che padroneggia la telecinesi e altre magie arcane. La sua terra, un tempo prospera, è ora ridotta a un cumulo di macerie dopo guerre interminabili. Quando suo fratello viene rapito dai Dalsmen, la missione per salvarlo si intreccia inevitabilmente con il tentativo di ridare speranza a un mondo sull’orlo dell’estinzione.
Ciò che colpisce davvero è il world building. Non si tratta solo di panorami suggestivi o città distrutte da ammirare: ogni dialogo, ogni interazione tra i personaggi e ogni collezionabile aggiunge un tassello al mosaico. I bauli nascosti contengono potenziamenti di salute e mana (un richiamo agli “occhi di Gorgone” di God of War), ma anche manoscritti che raccontano miti, battaglie e figure dimenticate del passato. Ogni scoperta, per quanto piccola, ti fa sentire parte di quel mondo.

E i personaggi non sono meri comprimari. Ryn, Abram e gli altri compagni si aprono durante il viaggio: parlano dei loro ricordi, delle ferite subite, delle speranze che li spingono avanti. In quei momenti, l’avventura diventa corale e ogni dialogo sembra avere un peso reale. È raro sentirsi così immersi in un mondo AA, ma Echoes of the End ci riesce.
Si può giungere ai titoli di coda in circa 10 ore: un percorso lineare, senza finali multipli o contenuti endgame estesi. Un’esperienza pensata per essere vissuta in maniera organica, dall’inizio alla fine. È compatta ma coerente, e ogni sezione sembra avere una sua ragion d’essere. Personaggi interessanti, world building curato e meccaniche solide sostengono la trama dall’inizio alla fine.
COMBATTIMENTO FLUIDO… QUASI

Il gameplay è scorrevole e appagante. Le animazioni sono fluide, i controlli reattivi, e l’alternanza tra magia, telecinesi e spada regala un ritmo piacevole. Con Abram al fianco, le combo diventano spettacolari e danno quella sensazione di potere che ti fa sorridere mentre affronti orde di nemici. Tuttavia non tutto fila liscio come dovrebbe. Il lock-on risulta a volte macchinoso: spostare il mirino da un nemico all’altro può diventare un’impresa, e la telecamera sembra giocare contro di te.
Inoltre, il gioco tende a diventare più semplice del previsto. Pietre di recupero per energia, mana e potere sono distribuite con generosità, e i checkpoint vicini permettono di ripetere una battaglia senza fatica. Il risultato? La tensione cala, e la sfida perde parte del suo mordente. Il salto, infine, merita una menzione particolare: sembra quasi di fluttuare nello spazio. La fisica dà una sensazione di leggerezza eccessiva, quasi “lunare”, e alcune sezioni platform risultano più goffe del necessario. Questo non rovina l’esperienza, ma si fa notare e ostacola leggermente l’immersione.
ENIGMI E DÈJÀ VU

Gli enigmi ambientali sono ben integrati: muovere casse, azionare leve e combinare poteri dei compagni crea momenti piacevoli tra una battaglia e l’altra. Eppure la ripetitività si fa sentire. Lo schema “corridoio – nemici – puzzle – nuovo corridoio” si ripete troppo spesso, e la soluzione viene quasi sempre suggerita dai compagni.
La soddisfazione della scoperta si riduce e, alla lunga, l’avventura può sembrare prevedibile. Si percepisce chiara l’ispirazione da titoli come Tomb Raider e Uncharted: la sensazione di déjà-vu accompagna spesso le esplorazioni ma nonostante questo, va detto che il titolo riesce comunque a intrattenere.
ATMOSFERA E COMPARTO TECNICO

Su PS5, Echoes of the End offre due modalità: Prestazioni e Grafica. Ci sentiamo di consigliare la prima: il framerate più stabile migliora il ritmo dei combattimenti senza sacrificare troppo la resa visiva. La modalità Grafica è ovviamente più dettagliata, ma di contro la fluidità cala, e nel combat system questo si sente. Visivamente il gioco è solido: Aema è piena di scorci evocativi, città in rovina, foreste magiche e dettagli curati che trasmettono un senso di storia e profondità.
Il doppiaggio è convincente e dona spessore ai personaggi, e anche se qualche effetto sonoro non sempre coincide perfettamente con i colpi, la componente narrativa rimane credibile e coinvolgente. L’atmosfera complessiva è forse l’elemento più riuscito: corridoi illuminati da luci magiche, città abbandonate e il costante senso di un mondo in rovina creano tensione e fascino, che premia l’esplorazione e il tempo passato tra questi luoghi.

CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI
Echoes of the End non cambierà il genere degli action adventure, ma ha un’anima propria. È un titolo AA con pregi e difetti tipici: gameplay derivativo e ripetitivo, piccole sbavature tecniche, ma anche un mondo vivo, personaggi credibili e una lore che premia l’esplorazione. A nostro parere il titolo merita attenzione soprattutto per il cuore che traspare dalla sua costruzione. Si percepisce la passione del team islandese, che ha saputo rendere Aema un mondo in cui vale davvero la pena perdersi, anche se per qualche ora. La scelta di proporlo a meno di 40 euro lo rende un acquisto appetibile per chi cerca una storia fantasy compatta, con personaggi memorabili e un gameplay che, pur con qualche limite, sa intrattenere. Il team di Myrkur Games dimostra talento e visione: se questo è solo l’inizio, sarà interessante vedere come evolveranno i loro prossimi progetti.