Il panorama horror è saturo di creature sovrannaturali, salti sulla sedia e fughe disperate, ma Death Relives, sviluppato dallo studio indipendente turco Nyctophile Studios, prova a distinguersi con una formula inusuale. Un dio antico, una mitologia affascinante e un’app mobile che interagisce con il gioco in tempo reale. Il risultato è un’avventura cupa e coraggiosa, che unisce folklore e tecnologia, anche se non sempre riesce a mantenere le sue promesse.
Andiamo quindi a scoprire Death Relives in questa recensione della versione PS5, curata dal nostro Simone Mafara. Ricordiamo che il gioco, pubblicato dallo stesso team di sviluppo, è disponibile anche su Pc, PS4, Xbox One e Xbox Series X/S. Buona lettura.
UN CULTO SANGUINARIO
La trama di Death Relives ruota attorno ad Adrian, un giovane coinvolto in un misterioso rapimento. Sua madre infatti viene aggredita e portata via da uno sconosciuto lungo una strada deserta. L’inseguimento conduce Adrian in una tenebrosa villa piena di artefatti e simboli della mitologia azteca, legata a un culto devoto a Xipe Totec, il dio del desolamento.
Tra momenti all’interno della villa ai tempi nostri e situazioni paranormali in un’epoca risalente ai conquistadores spagnoli, l’ambientazione fa indubbiamente la sua figura. Il cuore della narrazione è l’immersione culturale: il team si è avvalso di esperti messicani per rappresentare con accuratezza elementi mitologici: dei documenti sparsi nella villa offrono informazioni autentiche e l’antagonista principale, Xipe Totec, parla in lingua nahuatl, aggiungendo un tocco esotico e inquietante.
APP, RITUALI E ARMI DIVINE

Death Relives è un horror in prima persona con forti elementi di sopravvivenza, esplorazione e risoluzione di enigmi. Ma l’elemento più originale è la vera app mobile associata al gioco, che funge da interfaccia secondaria. Essa infatti permette di esplorare la vita di Adrian tramite social fittizi, messaggi e chat, ricevendo anche suggerimenti dal padre del protagonista.
Un’idea brillante sulla carta, che però risulta più scenografica che funzionale nella progressione. Le meccaniche di gameplay mescolano combattimenti sporadici, fasi stealth e momenti di tensione gestiti tramite QTE, come l’atto di trattenere il respiro e non farsi scoprire. Adrian può contare su armi simboliche, quali una scopetta ancestrale che spara proiettili elettrici, un coltello d’ossidiana e una pianta radar viva, capace di segnalare i movimenti di Totec ma al prezzo di consumare lentamente la salute del protagonista.
Interessante anche il ciclo di battaglie e rituali: Totec può essere temporaneamente esiliato nel Mictlán, l’aldilà azteco, ma per estendere il tempo libero dalla sua presenza si deve compiere un rituale che lo farà ritornare più potente di prima. Una dinamica affascinante, anche se non del tutto rifinita.
UNA MITOLOGIA VIVA

Uno degli elementi più affascinanti di Death Relives è il modo in cui la mitologia azteca è integrata nella struttura narrativa e nel design di gioco. Non si tratta solo di un pretesto esotico, ma di un elemento vivo, coerente e centrale nell’esperienza. Ogni oggetto, documento o minaccia ha un legame diretto con il pantheon azteco, e l’opera di Nyctophile Studios riesce a trasmettere un senso di mistero arcaico, lontano dai cliché occidentali dell’horror.
La presenza di Xipe Totec, dio associato alla fertilità e alla rinascita attraverso il sacrificio e la desquamazione della pelle, è una scelta forte e disturbante, visivamente efficace e narrativamente potente. Anche altre figure mitologiche, come Tlaloc, il dio della pioggia e dei fulmini, emergono in forma simbolica attraverso le armi o i poteri a disposizione del protagonista.
Questa attenzione alla ricerca storica è palpabile e conferisce al gioco una profondità culturale rara, che gli consente di distinguersi nel panorama horror indipendente. È un aspetto che merita di essere valorizzato, anche se alcune meccaniche legate alla mitologia, come l’esplorazione del Mictlán, avrebbero beneficiato di una maggiore interattività.
ATMOSFERE RIUSCITE, TECNICA DA SISTEMARE

L’atmosfera è uno dei punti di forza del titolo: Death Relives riesce a trasmettere un senso di oppressione costante, complici ambientazioni buie, rituali inquietanti e scene visivamente disturbanti. Ma sul fronte tecnico, la produzione mostra chiaramente i suoi limiti.
Su PS5 abbiamo riscontrato fenomeni di tearing, tempi di caricamento anomali, salvataggi che causano freeze e texture non sempre ben definite. Niente di irrimediabile (specie con patch ad hoc), ma sufficiente a minare l’immersione. Il doppiaggio è in inglese con sottotitoli in spagnolo, mentre le battute in nahuatl di Xipe Totec restano uno degli elementi più evocativi dell’intero gioco.

CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI
Death Relives ha tutte le carte in regola per essere ricordato come un horror originale: un nemico iconico, un’interessante componente culturale e mitologica, e idee fresche come l’app mobile e i rituali legati alla sopravvivenza. Tuttavia la realizzazione tecnica non all’altezza, alcune meccaniche grezze e una gestione del ritmo non sempre bilanciata lo rendono un’esperienza imperfetta, pur rimanendo piacevole. Chi cerca un’esperienza horror fuori dagli schemi e ricca di contenuti etnici troverà pane per i suoi denti. Gli altri potrebbero scontrarsi con un gioco che, pur con spunti affascinanti, necessita ancora di una maggiore cura da parte di Nyctophile Studios per raggiungere il suo pieno potenziale.
Pregi
Atmosfera suggestiva e opprimente, valorizzata da un generale uso creativo della mitologia azteca. Idee ludiche originali come l'app mobile e i rituali strategici.
Difetti
Limiti tecnici evidenti e alcune meccaniche (sistema di furtività e gestione dei puzzle su tutti) che avrebbero necessitato di una rifinitura maggiore.
Voto
7