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Copycat, un viaggio felino tra identità e appartenenza, recensione

Quando un miagolio racconta più di mille parole

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Nel vasto panorama videoludico, dove spesso dominano titoli adrenalinici e meccaniche complesse, Copycat si distingue come un’esperienza intima e riflessiva. Sviluppato da Spoonful of Wonder (software house indie con base in Australia formato da Sam Cable & Kostia Liakhov), il gioco ci invita a indossare i panni, o meglio il “pelo”, di Dawn. Una gatta randagia la cui esistenza cambia radicalmente dopo l’incontro con Olive, un’anziana donna solitaria.

Attraverso una narrazione delicata e profonda, il titolo esplora temi universali come la solitudine, l’identità e il desiderio di appartenenza, offrendo al giocatore un’esperienza emotivamente coinvolgente. Andiamo a snocciolare Copycat in questa recensione della versione PS5, curata dalla nostra Kim Fuentes. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Nuuvem Publishing e Neverland Entertainment, è disponibile anche su Pc e Xbox Series X/S. Buona lettura.

TRA REALTÀ, FINZIONE E UNA RIVALE PELOSA

La storia di Copycat prende il via in una periferia tranquilla, dove Dawn sopravvive a fatica tra cassonetti, pioggia e zuffe con altri randagi. La vita della protagonista felina cambia quando viene soccorsa da Olive, un’anziana donna sola, sensibile e affettuosa, che decide di accoglierla in casa. Per Dawn, inizialmente diffidente e spaventata dal contatto umano, questo è l’inizio di un lento e poetico processo di trasformazione.

Il rapporto tra Dawn e Olive si costruisce attraverso piccoli gesti quotidiani: carezze, pasti condivisi, momenti di reciproca osservazione silenziosa. Il gioco ci permette di vivere tutto questo dalla prospettiva della gatta, mettendoci letteralmente “nei suoi baffi” e facendo percepire il valore emotivo di ogni momento. Quando però Dawn si ammala e viene portata dal veterinario, qualcosa cambia.

Copycat

Al suo ritorno, trova un’altra gatta identica a lei che ha preso il suo posto nel cuore di Olive. Questo evento destabilizzante rappresenta il punto di svolta nella trama. Dawn, confusa e ferita, si trova ad affrontare il senso di sostituzione, l’angoscia dell’oblio e la perdita di sé. Il gioco si trasforma così in un racconto sul riconoscimento: come possiamo dimostrare chi siamo se il nostro aspetto non basta?

Cosa ci definisce, se anche l’affetto può essere dirottato su un duplicato? Dawn inizia un viaggio interiore, a tratti malinconico a tratti rabbioso, per riconquistare il suo posto nel mondo. La trama è raccontata con uno stile delicato, più vicino alla narrativa letteraria che al linguaggio tipico dei videogiochi. Non ci sono dialoghi verbali, ma emozioni che emergono attraverso azioni, musica, animazioni e pensieri scritti. Il finale, dolceamaro, lascia spazio all’interpretazione e pone domande profonde sulla memoria, la fiducia e la natura dell’identità.

UN’ESPERIENZA CONTEMPLATIVA

Copycat

Copycat si presenta come un’avventura narrativa con elementi di walking simulator. Il gameplay è volutamente semplice, focalizzato sull’esplorazione e sull’interazione con l’ambiente. Le meccaniche di gioco quali graffiare il tappeto, miagolare, rannicchiarsi accanto a Olive e inseguire un raggio di sole, sono studiate per offrire un’immersione nella quotidianità felina. Le azioni però non sono fini a sé stesse: ogni interazione infatti diventa un’occasione per scoprire qualcosa di più sul mondo circostante e sullo stato emotivo di Dawn.

Tuttavia, il gameplay tuttavia pecca a volte di ripetitività e di una certa povertà di possibilità. Non aspettatevi puzzle complessi o meccaniche evolutive. Questa è un’esperienza che si gioca più con il cuore che con le dita.
Una nota interessante è la presenza di sezioni a scorrimento laterale che segnano momenti chiave nella narrazione. In questi passaggi, la realtà si distorce e diventa quasi onirica, come a rappresentare i turbamenti interiori della protagonista.

UN MONDO VISTO CON OCCHI FELINI

Copycat

Dal punto di vista artistico, Copycat è un piccolo gioiello. Gli ambienti sono curati nei minimi dettagli: stanze silenziose illuminate dalla luce del tramonto, cucce improvvisate, giardini umidi di rugiada. La palette cromatica varia in base all’emozione dominante, passando dai toni caldi e rassicuranti del salotto ai blu freddi e alienanti della clinica veterinaria. Le animazioni di Dawn sono credibili e affettuosamente dettagliate. La coda si muove con intenzione, le orecchie reagiscono ai rumori, il corpo si rannicchia con naturalezza.

Alcuni piccoli difetti tecnici, come collisioni poco fluide o movimenti non perfettamente rifiniti, non rovinano l’esperienza ma restano comunque visibili. La colonna sonora, composta da Daniel Bunting, è minimalista ma toccante: piano, archi e sintetizzatori accompagnano le emozioni con grazia. Un elemento distintivo è l’uso delle vere vocalizzazioni della gatta della co-sviluppatrice, che dà a Dawn una voce unica, realistica e profondamente autentica.

PSICOLOGIA FELINA

Copycat

Copycat è anche un piccolo trattato psicologico mascherato da videogioco. Il cuore tematico è il trauma della sostituzione. Dawn non lotta contro nemici fisici, ma contro la sensazione di essere dimenticata, rimpiazzata. La “gatta clone” rappresenta il timore universale dell’invisibilità, dell’intercambiabilità affettiva. Attraverso il suo percorso, Dawn affronta l’elaborazione della perdita, il bisogno di riaffermare la propria unicità, la riconquista della dignità.

Il gioco offre uno sguardo originale sulla psiche animale, che diventa metafora della condizione umana. La narrazione tocca corde profonde, come il lutto, la resilienza e la paura di non essere più amati. In un panorama dominato da storie epiche e personaggi sopra le righe, l’opera di Spoonful of Wonder si distingue per il coraggio con cui tratta un piccolo dramma quotidiano con sensibilità e rispetto. È un gioco che non urla, ma sussurra, e proprio per questo resta impresso.

BREVE MA INTENSO

Copycat

In termini di longevità, Copycat dura circa 2-4 ore. È una storia breve e compatta, ma densa di significati. La rigiocabilità è limitata: sebbene ci siano sei gatte tra cui scegliere all’inizio, l’unica variazione è il colore del manto.

Le scelte narrative non modificano radicalmente la trama, ma il valore dell’esperienza risiede nella sua unicità. Come un racconto breve ben scritto, è un’esperienza che non ha bisogno di essere lunga per lasciare il segno. Un gioco da vivere in un pomeriggio di pioggia, magari con un “vero” gatto acciambellato accanto.

Copycat

CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI

Copycat è più di un semplice videogioco: è un racconto silenzioso, un’esperienza emotiva, un piccolo specchio per l’anima. Ci ricorda che anche una gatta può raccontare storie complesse, che l’identità è più di un’apparenza e che ogni essere, umano o felino, merita di essere visto per ciò che è. In un mercato affollato di blockbuster urlanti, l’opera di Spoonful of Wonder sceglie di sussurrare. E in questo sussurro, forse, dice più verità di tanti altri titoli gridati.

Pregi

Narrazione emozionante e profonda. Direzione artistica suggestiva e coerente. Colonna sonora autentica e coinvolgente. Trattazione originale di temi psicologici. Ottimo uso della prospettiva animale.

Difetti

Gameplay molto semplice e talvolta ripetitivo. Qualche imperfezione tecnica (collisioni, animazioni). Bassa rigiocabilità. Scelte poco influenti sulla storia.

Voto

7,5

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