Nel vasto panorama dei titoli puzzle–platform, ce n’è uno che in questi giorni è passato ingiustamente inosservato ai più: Once Upon A Puppet. Si tratta dell’opera d’esordio di Flatter Than Earth, una software house indipendente fortemente e dichiaratamente orientata al lavoro da remoto, composta da sviluppatori giovani e ambiziosi.
Denotando un’attenzione particolare al comparto artistico, il gioco offre un’esperienza visiva e sonora unica: riuscirà però a mantenere lo stesso livello di qualità anche nel gameplay? Scopriamo in questa recensione della versione PS5 di Once Upon A Puppet, curata dalla nostra Kim Fuentes. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Daedalic Entertainment, è disponibile anche su Pc, Xbox Series X/S e Switch. Buona lettura.
UN FILO TRA REALTÀ E FANTASIA
Once Upon A Puppet ci trasporta nel regno di The Grand Stage, dove il teatro è la forza che tutto governa. Ogni storia scritta prende vita sulla scena, mentre i personaggi recitano i ruoli imposti loro dal sovrano, il Re Narratore. Ossessionato dall’idea di creare lo spettacolo perfetto, il re trascorre anni a scrivere e riscrivere la storia del suo erede, il Principe Perduto. Tuttavia, ogni versione sembra destinata al fallimento. Le marionette che interpretano il principe si rompono, i copioni vengono accantonati, e lentamente l’intera vicenda scivola nell’oblio.
È così che nasce The Understage, un luogo misterioso sotto il grande teatro, dove finiscono tutti i frammenti di storie incomplete, personaggi scartati e oggetti dimenticati. Qui troviamo Nieve, un tempo un talentuoso sarto e ora ridotto a una semplice mano fluttuante, dopo che il re ha cancellato il suo ruolo. Il suo unico obiettivo è riconquistare un corpo e fuggire da questo limbo. Al suo fianco c’è Drev, un burattino di legno senza memoria del suo passato, che cerca di dare un significato alla propria esistenza.
I due protagonisti sono legati da un filo magico, un elemento che va oltre la semplice funzione pratica. Esso infatti rappresenta il destino, il legame tra i personaggi e il potere dell’immaginazione. Con il filo, Nieve e Drev possono muoversi insieme e superare ostacoli, ma è anche lo strumento attraverso il quale scoprono la verità sul mondo che li circonda.
Mentre esplorano The Understage, i due incontrano figure enigmatiche come i Junk Monsters, creature formate dagli scarti delle produzioni teatrali del re, e gli Attori Perduti, personaggi dimenticati che vagano senza uno scopo. Ogni incontro svela un frammento di una storia più grande. Il principe non è semplicemente scomparso, ma è stato cancellato dalla narrazione stessa. Più Nieve e Drev avanzano, più si rendono conto che il loro viaggio non è solo una fuga, ma una missione per riscrivere il destino del regno e liberare tutti coloro che sono stati dimenticati.
PUZZLE INTUITIVI E MECCANICHE ORIGINALI, MA…
L’opera di Flatter Than Earth si presenta come un puzzle-platform in 2.5D, dove il giocatore deve sfruttare la collaborazione tra i due protagonisti per risolvere enigmi e avanzare nei livelli. La dinamica più originale è il filo magico che collega Nieve e Drev, una meccanica centrale che offre diverse possibilità. Planare, superare ostacoli, lanciarsi su lunghe distanze e persino attivare elementi dello scenario. Questa varietà di utilizzo conferisce a Once Upon A Puppet un’identità unica, che lo distingue da altri esponenti del genere.
Tuttavia, non tutto riesce a scorrere liscio. Sebbene i puzzle siano generalmente ben congegnati, la difficoltà rimane piuttosto contenuta, con enigmi che raramente mettono alla prova l’ingegno del giocatore più esperto. I problemi più significativi emergono nel level design, che in alcuni punti appare poco ispirato e intuitivo. Infatti capita spesso di non capire immediatamente come procedere, o di trovarsi in situazioni in cui il personaggio rimane bloccato, costringendo il giocatore a riavviare il livello o ricaricare il salvataggio.
Un’altra criticità riguarda i controlli, che risultano poco precisi. Il movimento dei protagonisti è volutamente “burattinesco”, per simulare la loro natura di marionette. Una scelta stilistica e ludica interessante, ma che sfortunatamente si traduce in una certa goffaggine nei comandi, che rende alcune sezioni frustranti, specialmente quando è richiesta precisione nei salti o nell’interazione con l’ambiente.
In determinati punti, la scarsa reattività ai comandi potrebbe trasformare puzzle apparentemente semplici in sfide ben più difficili del necessario. Nonostante queste criticità, il gameplay riesce comunque a mantenere un certo fascino, grazie alla creatività delle meccaniche e alla forte coesione con il tema teatrale del gioco. L’interazione tra i due personaggi è ben integrata con la narrazione e dona un tocco di unicità all’esperienza, anche se non sempre priva di frustrazione.
ARTE E SUONO: IL CUORE PULSANTE DELLO SHOW
In Once Upon A Puppet, la vera protagonista è la scenografia. Ogni angolo del mondo di gioco è costruito con la stessa cura di un set teatrale, e questa scelta estetica rende l’esperienza visiva unica nel suo genere. Gli ambienti non sono semplici fondali, bensì vere e proprie quinte teatrali, dipinte e assemblate per creare un mondo che sembra in costante trasformazione, come se lo spettatore fosse seduto in platea a osservare il susseguirsi degli atti.
Le animazioni, volutamente goffe e marionettistiche, aggiungono comunque ulteriore profondità alla direzione artistica. Nieve e Drev non si muovono come personaggi tradizionali: i loro movimenti sembrano vincolati da fili invisibili, esattamente come se fossero burattini su un palco. Questa scelta stilistica non è solo un dettaglio estetico, ma una componente narrativa che rafforza il senso di precarietà e controllo che permea l’intera storia.
La creatività esplode anche nel design dei Junk Monsters, nemici composti dagli scarti del teatro. Sono assemblaggi di vecchi materiali di scena, tessuti strappati, strumenti musicali rotti e marionette incompiute, il riflesso di un mondo dove tutto ciò che non serve viene abbandonato. Ogni nemico è visivamente unico e racconta, con la propria forma, un pezzo della storia perduta di The Grand Stage.
La componente audio segue lo stesso approccio meticoloso e teatrale. La colonna sonora, composta da brani orchestrali, cambia ritmo e tonalità in base al contesto. Dalle melodie leggere e oniriche delle fasi esplorative ai crescendo drammatici che accompagnano i momenti più intensi della narrazione. La musica non è solo un sottofondo, ma un vero strumento di narrazione, capace di enfatizzare ogni emozione, ogni scoperta, ogni svolta della storia.
Un dettaglio particolarmente affascinante riguarda l’utilizzo degli effetti sonori ambientali. I passi dei protagonisti rimbombano su pavimenti di legno, il suono delle corde tese del filo magico crea una melodia sottile mentre i personaggi interagiscono, e persino le voci dei personaggi sembrano leggermente ovattate, come se tutto fosse filtrato attraverso un sipario invisibile.
È una direzione sonora che riesce a trasmettere la sensazione di trovarsi dentro uno spettacolo, con il pubblico che osserva ogni movimento dietro la quarta parete. In definitiva, il comparto artistico e sonoro di Once Upon A Puppet è ciò che eleva il gioco a un’esperienza che va oltre il semplice intrattenimento. È una lettera d’amore al teatro, alla narrazione visiva e alla musica come strumento emotivo. Anche quando il gameplay mostra qualche imperfezione, è difficile non lasciarsi incantare da un mondo così splendidamente costruito.
CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI
Once Upon A Puppet è un’esperimento, riuscito, obiettivamente e inevitabilmente affascinante. Un titolo che racconta una suggestiva e intrigante una storia attraverso il linguaggio visivo e sonoro del teatro. Sebbene alcune imperfezioni sul fronte ludico arrivino a limitarne la fluidità, quella di Flatter Than Earth è un’avventura che merita di essere vissuta. Soprattutto da parte di coloro che amano le contaminazioni tra videogiochi e arte, in questo caso prettamente teatrale.
Pregi
Stile visivo straordinario, che dà vita a un mondo a tema teatrale unico e suggestivo. Colonna sonora immersiva e coinvolgente che amplifica l'atmosfera fiabesca. Meccaniche di gioco creative, a partire dal filo magico e dalle interazioni ambientali...
Difetti
... Anche se il tutto viene penalizzato dai controlli non di rado poco precisi e responsivi, che possono rendere certe sezioni assai più frustranti e difficili del dovuto. Level design talvolta poco intuitivo, con momenti di confusione sul percorso da seguire.
Voto
8-