Atomic Heart, la nostra recensione

Immergiamoci nell'Unione Sovietica alternativa immaginata dall'esordiente studio Mundfish

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Uno dei giochi più attesi di questo 2023 era proprio Atomic Heart, di cui ci apprestiamo ora a parlare. Un fps con elementi da gioco di ruolo ambientato in un’Unione Sovietica distopica, frutto dell’immaginazione dall’esordiente studio Mundfish. Una software house nata nel 2017 in quel di Cipro dall’unione di intenti di quattro sviluppatori: Oleg Gorodisceni, Evgenia Sedova, Artem Galeev e Robert Bagratuni.

Un team (che anno dopo anno si è arricchito di altri membri, fino a superare il centinaio) che aveva come obiettivo quello di dar vita a un mondo originale, puntando alla realizzazione di un prodotto che potesse rivaleggiare con mostri sacri del genere quali Fallout e Bioshock. Ci saranno riusciti? Scopriamo nella recensione della versione Pc di Atomic Heart, curata dal nostro Claudio Szatko.

Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Focus Entertainment, è disponibile anche su PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series X/S. Buona lettura.

AMBIENTAZIONE DI PRIM’ORDINE

Ciò in cui Atomic Heart colpisce (fin quasi a tramortire) e in generale si distingue fin da subito è il world building. Mundfish ci condurrà in un’Unione Sovietica distopica, molto avanzata a livello tecnologico e dove sia la popolazione che i relativi leader si impegnano a diventare un tutt’uno, con l’idea di migliorare il mondo.

Ciò che non possono sapere è che dietro a queste buone intenzioni vi sono in realtà degli individui assetati di potere. I quali, con i loro piani malvagi, stanno per causare tramite i loro robot una catastrofe di proporzioni fino a quel momento sconosciute all’umanità. Nel complesso la trama presenta molti alti e ben pochi bassi.

A dispetto di qualche piccolo inciampo nella narrazione e di un’introduzione veramente lunga (circa 30-40 minuti), l’immaginario di Mundfish risulta meravigliosamente affascinante. Tanto che non ci sorprenderebbe vederlo usato come base per eventuali altri titoli.

I vari personaggi secondari inoltre non mancano certo di carisma, anche se il protagonista che impersoneremo, l’agente P-3, non risulta sempre “coerente con se stesso”. La sua aura un po’ da teppista (che ci ha ricordato il celebre William “B.J” Blazkowicz di Wolfenstein) infatti risulta talvolta forzata, tuttavia rimane un personaggio che finirà per sorprenderci in più occasioni.

UN’IDENTITÀ SFACCETTATA, QUASI INCERTA

Dopo aver realizzato un contesto così fantastico, lo studio di sviluppo ha dovuto decidere che tipo di gameplay conferire ad Atomic Heart. Nel corso dell’esperienza si arriva quasi ad avvertire una sorta di “indecisione”, come se il team non fosse pienamente convinto della direzione su cui puntare tutto. Uno sparatutto in stile Wolfenstein, qualcosa di più particolare come Bioshock

Una gestione delle risorse simile a quella “survivalista” di Resident Evil, e un open world “di transizione” (di cui parleremo più avanti) che completa questo scoppiettante mix ludico. In sostanza ci ritroveremo dinanzi a uno sparatutto il quale, però, punterà parecchio sul combattimento in mischia. Soprattutto nel caso di difficoltà più elevate, dove risorse e munizioni scarseggeranno e bisognerà quindi ponderare l’utilizzo di ogni singolo proiettili.

Salvo alcune eccezioni, nel corso del gioco non troveremo armi “già pronte”, ma dovremo viceversa realizzarle da zero una volta ottenuti i progetti e le risorse necessarie. Armi che potremo modificare e migliorare per adattarle al nostro stile di gioco, dall’aggiunta di danni elementali ad altre varianti a dir poco fantasiose. Il feedback dei colpi e in generale delle armi è buono ma non eccezionale.

Non siamo certo ai livelli di un Doom Eternal, ma in fin dei conti non stiamo parlando di un fps nella piena accezione del termine. I nemici invece punteranno più sull’utilizzo della forza bruta e della superiorità numerica che sulla mera intelligenza. Ma essendo robot si può senz’altro riconoscere una non trascurabile coerenza di fondo.

Davvero suggestive e avvincenti saranno anche le boss fight, che però avranno più il sapore di lotte di logoramento che altro. Questo perchè la sfida, per il giocatore, sarà data principalmente dall’ammontare dei punti vita avversari che non da una complessità sostanziale delle meccaniche, necessarie all’abbattimento del boss di turno. Altro elemento fondamentale del gameplay riguarda una sorta di “guanto parlante” in dotazione al nostro protagonista.

Esso ci conferirà svariate abilità che andranno dalla telecinesi alla possibilità di “attivare” scudi e di eseguire colpi elementali. Inoltre, raccogliendo una particolare sostanza, potremo evolvere ulteriormente le suddette capacità, che nelle fasi avanzate del gioco semplificheranno non poco gli scontri. Interessante è il fatto che ci verrà concesso a costo zero di “ridistribuire” i potenziamenti, così da realizzare build sempre diverse a seconda del nemico (soprattutto boss) che dovremo affrontare.

DESIGN SORPRENDENTE

Come abbiamo detto finora, strutturalmente Atomic Heart si configura come uno sparatutto in prima persona con elementi survival e da gioco di ruolo. Pur non avendo un’identità pienamente definita, l’opera di Mundfish funziona piuttosto bene nel complesso, riuscendo persino a eccellere in un aspetto dove molti altri titoli spesso faticano. Stiamo parlando del precedentemente citato world building, oltre che del level design.

Il design artistico degli scenari è semplicemente superlativo, con una ricchezza di elementi e particolari che lasceranno inevitabilmente il segno nel corso dell’esplorazione. Molto interessanti e ben implementati sono anche gli enigmi ambientali, in particolare quelli che ci costringeranno a “giocare” con l’energia magnetica.

Purtroppo però la risoluzione della maggior parte di essi risulterà fin troppo i semplice per i giocatori un minimo avvezzi ai rompicapo. Cosa che li renderà più una sorta di “pausa” dalla frenesia dei combattimenti che non vere e proprie sfide a se stanti.

Anche la magnificenza del level design finisce per non essere sfruttata al massimo, visto che per procedere in determinate zone dovremo raccattare un certo numero di chiavi o altri oggetti. Ora però vedremo approfondiremo meglio questo discorso relativo al “mondo aperto”.

OPEN WORLD “TRANSITORIO”

Atomic Heart si può e si deve considerare come un open world, anche se risulta un po’ diverso da quelli più “tradizionali” (per esempio i Far Cry o gli Assassin’s Creed). Di fatto il mondo di gioco sarà suddiviso in alcune macro-aree principali, che a loro volta conterranno delle aree secondarie colme di progetti e risorse nascoste (destinate alla costruzione e al potenziamento di armi), dungeon ed enigmi ambientali. Quest’impostazione però soffre di alcune problematiche, che si manifestano soprattutto nelle fasi iniziali dell’avventura. La presenza massiccia di robot e telecamere di sicurezza sul nostro cammino richiederanno spesso l’utilizzo di tecniche stealth, che però non funzioneranno sempre come dovrebbero.

Oltre a ciò il mondo di gioco risulta facile da “rompere”, visto che è comunque possibile evitare le zone principali e dirigersi direttamente verso l’obiettivo di turno. Il tutto lasciandosi alle spalle presunte aree poco interessanti da esplorare. Questa possibilità potrebbe risultare ghiotta per gli speedrunner, ma rimarrà viceversa deludente per i giocatori in cerca di un’esperienza più immersiva e soddisfacente. Il consiglio quindi è quello di progredire nella maniera “prevista” dal team di sviluppo, spingendosi anche in aree isolate comunque colme di elementi e dungeon interessanti da scoprire.

FRA TECNICA DI LIVELLO E PROMESSE INFRANTE

Dal punto di vista tecnico Atomic Heart si presenta davvero bene, sfruttando appieno le capacità dell’Unreal Engine 4. L’ottima scelta della palette di colori e l’illuminazione di alto livello aiutano inoltre a rendere ancora più magistrali le aree che, come abbiamo detto a più riprese, brillano di loro per via del magistrale design. Forse qualche sforzo in più si sarebbe potuto fare su volti, capelli e in generale espressioni facciali dei personaggi, ma non possiamo certo lamentarci.

Anche perchè si tratta comunque del titolo d’esordio di Mundfish. Un titolo comunque non esente da difetti, come la presenza di diversi bug minori che però saranno con ogni probabilità risolti con le prossime patch (qualcuna è stata anche rilasciata, in questi giorni). Nulla da segnalare sul lato prestazioni, che si sono rivelate buone fin da subito. Una questione che invece solleva più di qualche interrogativo è quella inerente all’assenza, anche sulla versione Pc, del supporto al ray tracing.

Di base non rappresenta certo un delitto, tuttavia non si può ignorare il fatto che già quattro anni fa (quando venne diffusa una tech demo del gioco in occasione del CES 2019) Atomic Heart venne indicato come uno dei futuri “titoli sponsor” di questa tecnologia. Perciò la release senza neanche un supporto preliminare al ray tracing risulta quantomeno singolare. Una promessa “infranta” che speriamo quindi di poter vedere mantenuta in futuro. Sia pure in ritardo.

Tornando a parlare del gioco in sé, segnaliamo la pregevole colonna sonora che comprende diversi brani celebri sia della musica classica che di quella elettronica. Tra di essi figurano “Swan Lake” di Pëtr Il’ič Čajkovskij, “Carnival of the Animals” di Camille Saint-Saëns e “The Planets” di Gustav Holst. Non mancano ottimi brani composti appositamente per l’occasione, così come un doppiaggio (anche in italiano, compreso di sottotitoli) assolutamente di livello. Facciamo presente che nel nostro video gameplay, registrato prima della release, il doppiaggio è in inglese in quanto quello italiano è stato aggiunto al day-one.

DA AVERE SENZA RISERVE

Atomic Heart è un titolo che parte con la decisa/precisa intenzione di porsi alla pari di mostri sacri come Bioshock e Wolfenstein, ai quali si ispira in maniera abbastanza palese. L’intento dell’esordiente studio Mundfish può considerarsi nel complesso raggiunto, data la creazione di un mondo vivido e ricco di personalità. Il quale, come abbiamo detto, potrebbe benissimo essere utilizzato come base di partenza per la realizzazione di una serie videoludica vera e propria. Certo si tratta di un prodotto non esente da difetti, tendenzialmente figli della mancanza di esperienza di un team che, con questa prima opera, è comunque riuscito a dimostrare chiaramente le proprie capacità. Il talento non manca, l’esperienza la si acquisisce col tempo… Perciò il futuro non può che essere roseo. O tinto di rosso, a seconda della prospettiva.

Pregi

Un universo distopico superlativo, con carattere e spessore da vendere. World building e level design semplicemente eccellenti. Ottimizzazione sorprendentemente buona. Il gameplay nel complesso diverte e funziona...

Difetti

... Manca tuttavia di un po' di maturità. L'open world "transitorio" poteva essere realizzato meglio, anche alla luce dei bug a esso relativi. L'assenza del ray tracing "promesso" lascia un po' di amaro in bocca.

Voto

8