Nier: Automata, recensione PlayStation 4

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Tre anni di sviluppo, un direttore artistico visionario che risponde al nome di Yoko Taro – la mente dietro Drakengard e Nier – uno spin-off che ammicca tanto al primo quanto al secondo e un’esclusiva console (il titolo è uscito su PlayStation 4 il 10 marzo scorso ma anche su Pc Steam una settimana dopo) che hanno inconfutabilmente decretato Nier: Automata come gioco più originale disponibile a marzo di quest’anno.

Gioco di ruolo d’azione ma non solo, l’ultima fatica di Platinum Games sorprende per non rispondere ad un genere preciso ma a tanti e contemporaneamente, con un modo di fare firmato “Yoko Taro” che è inconfondibile. Nulla ci è apparso più singolare, con buona pace di Horizon: Zero Dawn e Mass Effect: Andromeda, già recensiti oppure in via di pubblicazione su queste pagine.

GLI ANDROIDI CHE SALVARONO L’UMANITA’

Nier: Automata è ambientato in un remoto futuro, ben lontano da quello narrato dal primo Nier. L’umanità è sull’orlo dell’estinzione e arroccata sulla Luna, da cui fa partire in missioni pericolose e apparentemente impossibili degli androidi che hanno fattezze di giovanissimi ragazzi. Non hanno nome e agiscono con una benda sugli occhi, per evitare che possano sviluppare qualsiasi cosa possa essere definita “sentimento” oppure “simpatia”. La loro missione, semplificando ed evitando ulteriori dettagli sulla trama, è scendere sulla Terra per abbattere le cosiddette biomacchine che impediscono agli uomini di tornare sul pianeta per vivere su questo.

Per battere le biomacchine, gli androidi come 2B (la protagonista indiscussa di questo titolo e nuova icona dei videogiochi quest’anno), fanno affidamento ad arti marziali, armi bianche, droni di supporto che sparano infinite quantità di proiettili e – all’occorrenza – esoscheletri o robot da “indossare” oppure guidare per abbattere le minacce più grandi. Nier: Automata ci accompagna lungo un’intensa campagna in giocatore singolo che, giunta ai titoli di coda, non spiega tutto quello che dovrebbe. Per farlo, il giocatore interessato, deve completare più volte il gioco (un po’ come accadeva in Drakengard) così da ottenere sempre più pezzi di trama, così da poter avere un quadro sempre più completo della vicenda.

QUANDO LA GRAFICA NON E’ TUTTO

L’aspetto tecnico di Nier: Automata, è quello che più di tutti gli altri mostra i compromessi attuati dagli sviluppatori per poter garantire la massima fluidità e la massima varietà di contenuti possibile. A fronte di modelli dei personaggi oggettivamente azzeccati, animati benissimo e interpretati magistralmente dai doppiatori, troviamo che la coperta corta si evidenzi in caricamento di texture troppo lento, effetti pop up e un generale sfondo di gioco spoglio, ben lontano dalle floride foreste di Horizon: New Dawn e The Witcher 3: Wild Hunt.

Anche sul fronte fluidità, al di là di patch che vanno a correggere e stabilizzare il tutto, quando le cose si fanno molto calde, c’è tanto da vedere e da muovere sullo schermo oppure si arriva alle mappe molto estese del versante free-roaming del gioco, la “vecchia” PlayStation 4 arranca. Non abbiamo una PlayStation 4 Pro, ma dalle dovute indagini che abbiamo fatto ci è sembrato di capire che non soffre la gestione della “folla” quanto il vecchio modello. Nier: Automata non punta tutto sull’aspetto visivo, questo non è un segreto e salta all’occhio di chi guarda da una rapida occhiata alle immagini. Questo perché punta tutto su altro: sul farsi giocare più di tutti i giochi griffati Yoko Taro pubblicati fino ad oggi.

ORGASMO VIDEOLUDICO

Nier: Automata si presenta come un gioco di ruolo d’azione in terza persona. Di azione ce n’è tanta e se non fosse per il nome del gioco e del direttore creativo, se ci si fermasse sul semplice Platinum Games che è lo studio di sviluppo che ha abilmente “prestato” la sua squadra al creativo, si potrebbe sospettare di aver tra le mani uno strano clone di Bayonetta.

Questi pensieri, tuttavia, vengono fugati quasi subito dal fatto che al di là della prospettiva in terza persona, della protagonista non proprio vestita e dalle forme intriganti, dopo pochi minuti ci ritroviamo a giocare qualcosa che sembra tornato prepotentemente dalla fine degli anni ‘80 o inizi degli anni ‘90. Shot’em up, li chiamavano, classici “sparatutto” prima ancora che si sdoganassero gli “sparatutto in prima persona” che avrebbero monopolizzato al dicitura per almeno tre lustri. Visuale laterale oppure alle spalle del mezzo, nemici che arrivano dal fondo della schermata oppure da sinistra, possibilità di schivare in basso, in alto oppure lateralmente e miriadi di proiettili pronti ad abbattere tutto quello che si muove sullo schermo.

Ricordate Turrican? O il più recente Sky Force? Oppure Ace Combat? Chi vi scrive apprezzava tanto Saint Dragon ma non divaghiamo: senza neppure accorgercene, giocando a Nier: Automata ci ritroviamo a ripercorrere i fasti degli anni ‘80 e ‘90, con qualche licenza che ricorda i Metroid e i Castlevania di un ventennio fa. Roba da mandare in brodo di giuggiole i giocatori più attempati e da lasciare piacevolmente impressionate le nuove generazioni, sicuramente spiazzate da così tanta varietà in così breve spazio di tempo giocato.

Andando avanti nel gioco si accumulano punti esperienza che servono a salire di livello ma, proprio come si procede in Diablo 3, il giocatore non deve preoccuparsi di gestire le statistiche di base del personaggio. Si può, tuttavia, andare a scegliere quale tipo di potenziamenti o abilità innestare nel corpo di 2B per renderla più efficace in quel tipo di attacco piuttosto che l’altro oppure in difesa piuttosto che in attacco. Analogamente a quanto accade in Dark Souls (giusto per terminare qui la sequela di citazioni illustri), quando si muore si ha la possibilità di recuperare punti esperienza e potenziamenti nel punto in cui siamo morti precedentemente. Se collegati in Rete possiamo fare lo stesso con i resti degli altri giocatori e gli altri possono fare lo stesso con le nostre spoglie. In alternativa al riprendersi esperienza e potenziamenti, si può riattivare l’automa che è morto in precedenza affinché possa accompagnarci per un breve tratto e darci man forte.

Non manca proprio nulla, a Nier: Automata, per restituire al giocatore un’esperienza impareggiabile e indubbiamente indimenticabile. Ogni aspetto del gameplay, infatti, è fuso insieme agli altri talmente bene che non si ha la sensazione di giocare tanti giochi in uno, quando di affrontare un unico, strano, bellissimo ibrido che ha tanto da raccontare, a patto di avere tanto (tantissimo, diciamo sulle 70/80 ore di gioco) tempo da investirci sopra.

COMMENTO FINALE

Nier: Automata è, di base, un gioco di ruolo d’azione con visuale in terza persona, che somiglia per certi versi a Bayonetta, altro grande classico griffato Platinum Games. Oltre alle fondamenta da gioco di ruolo d’azione, senza soluzione di continuità, può mutare in sparatutto a due dimensioni, dual stick shooter (come Halo: Spartan Assault o Helldivers, per intenderci) passando per uno sparatutto come Metal Slug e un Metroidvania (un po’ Metroid, un po’ Castlevania).

Tecnicamente punta tutto sulla fluidità, per questo scende a non pochi compromessi grafici per cercare di offrire sempre prestazioni superiori. Purtroppo non riesce sempre ed ovunque nel suo scopo, mostrando il fianco ad una realizzazione tecnica buona ma non eccelsa. Sebbene sia scarno, graficamente, qui e lì ma soprattutto nelle fasi in cui vuole somigliare ad un Grand Theft Auto V o un The Witcher 3, le animazioni sono ottimamente realizzate e la colonna sonora è decisamente di un livello difficilmente pareggiabile dalle altre produzioni. Buona anche l’interpretazione dei doppiatori, convincenti ed enfatici quanto basta.

Joypad alla mano, Nier potrebbe suscitare due reazioni opposte, che dipendono dal tipo di giocatore che lo affronta. La prima reazione è quella di orgasmo videoludico misto a confusione. Confusione dettata più dal non focalizzarsi su un solo genere ma su tanti. Oltre al fatto che, narrativamente, non è sbagliato etichettare Nier: Automata come un gran casino, almeno finché non si completi più e più volte per riportare tutti i pezzi della trama al loro posto, così che tutto torni a combaciare e si possa definire l’autore, Yoko Taro, un misto di genio e pazzia. D’altra parte, l’altra reazione è quella di rifiuto verso un gioco così fuorviante, quasi senza check-point iniziali.

In definitiva, Nier: Automata è uno di quei giochi che non somigliano a qualcosa di preciso, talmente ben fatto e dotato di una personalità così forte da passare per un “must” per tutti coloro che lamentano scarsa originalità in questo quarto lustro del ventunesimo secolo. Il comparto tecnico non certo all’avanguardia e la confusione (voluta) nella trama narrativa da dover rifinire almeno 4 volte per essere compresa potrebbe tenere lontani gli appassionati che cercano qualcosa di più lineare e meno ridondante.

 

Pregi

Graficamente non eccelso ma estremamente ispirato. Trama coinvolgente e singolare benché molto sfaccettata. Decisamente vario e articolato. Una vera gioia per chi cerca tanto "gioco" e meno "grafica". Longevo.

Difetti

Gli amanti della grafica sopra ogni altro aspetto non saranno contenti. Fan service d’altri tempi. Prime ore di gioco scandite da assenza di punti di salvataggio che porta a frustrazione nei giocatori meno capaci.

Voto

9