The Last Case of John Morley, un noir senza tempo, recensione
Un noir investigativo che vive di silenzi, ombre e colpe mai davvero sepolte
The Last Case of John Morley è un’avventura investigativa in prima persona che si muove con passo lento e deciso, avvolto da un’atmosfera noir anni ’40 che non vuole piacere a tutti. Cerca invece di colpire coloro che sono disposti a lasciarsi trascinare in un mondo di colpe, segreti e verità sepolte. Quella di Indigo Studios è un’esperienza che punta sul peso delle parole, sul silenzio delle stanze vuote e sul rumore di un ricordo che torna a galla. E in questo, riesce in pieno.
Andiamo a vedere nel dettaglio con questa recensione della versione PS5 di The Last Case of John Morley, curata dalla nostra Kim Fuentes. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da JanduSoft, è disponibile anche su Pc (mentre la versione Xbox Series X è attesa per il 2026). Buona lettura.
UN CASO SEPOLTO DA VENT’ANNI
In The Last Case of John Morley vestiremo i panni di John Morley, un detective degli anni ’40 segnato dal tempo e dalle colpe. Dopo mesi di convalescenza in ospedale, riceveremo la visita di Lady Margarette Fordside, un’aristocratica tormentata dall’omicidio della figlia avvenuto vent’anni prima. La polizia ha ormai archiviato il caso, ma lei è convinta che il vero assassino non sia mai stato trovato davvero. La vicenda si sviluppa come un’indagine che riporta alla luce un passato volutamente sepolto. Non si tratta di un giallo lineare: la narrazione è frammentata, costruita attraverso documenti, ricordi e ambienti da esplorare.
Ogni luogo visitato (dalla villa aristocratica ai luoghi dimenticati della città) aggiunge un tassello al mosaico, ma non offre mai una verità completa. Il gioco invita a ricomporre ricordi infranti e a svelare segreti rimasti nascosti per decenni, con una tensione costante che nasce dal silenzio e dall’atmosfera noir. La trama non punta su colpi di scena spettacolari, ma su una suspense sottile, che cresce man mano che Morley si avvicina alla verità. È una storia di colpe, di menzogne e di ossessioni, che mette in discussione non solo il passato della famiglia Fordside, ma anche la fragilità del protagonista stesso.
INDAGINE LENTA E IMMERSIVA
Dal punto di vista del gameplay, The Last Case of John Morley è un’avventura narrativa in prima persona con meccaniche investigative profonde. Non ci sono dunque combattimenti o sequenze d’azione: il cuore dell’esperienza è proprio l’indagine. Il giocatore esplora ambienti ricchi di dettagli, raccoglie indizi e li collega per ricostruire eventi e dinamiche.
Ogni stanza, ogni oggetto e ogni documento può contenere un frammento di verità. L’interazione è basata sull’osservazione e sull’interpretazione: non si tratta di risolvere puzzle complessi, ma di leggere tra le righe e comprendere il contesto. Il ritmo del gioco è volutamente lento e meditativo. L’esplorazione di luoghi dimenticati e scenari urbani decadenti diventa parte integrante della narrazione.
Non ci sono indicatori invadenti o percorsi guidati: il gioco spinge a osservare con attenzione e a costruire la propria comprensione del caso. In definitiva, il gameplay non punta sulla varietà meccanica, ma sulla coerenza con il tono narrativo… Un’indagine lenta, immersiva, che premia la pazienza e la curiosità del giocatore.
OMBRE, FUMO E MEMORIA
Visivamente, The Last Case of John Morley è un noir puro. Luci basse, ombre lunghe, ambienti fumosi. Gli anni ’40 sono ricostruiti con cura: abiti, arredamenti, automobili, architetture. Non c’è mai eccesso, ma sempre coerenza. Ogni dettaglio contribuisce a creare un mondo credibile e inquietante allo stesso tempo. Le animazioni sono essenziali, ma funzionali.
Non c’è spettacolo ma sobrietà, e quest’ultima è parte dell’identità del gioco. Il sound design è altrettanto curato. Le musiche sono minimali, spesso assenti, sostituite da silenzi carichi di tensione. Quando partono, sono jazz scuro, pianoforte malinconico e archi che graffiano. Infine ci sono le voci: John Morley parla poco, ma ogni parola pesa. Lady Fordside è tormentata, fragile, ma determinata.
Gli altri personaggi sono ombre, presenze che aggiungono strati di mistero. È un cast che non cerca di essere memorabile, ma credibile.Il vero protagonista del gioco non è il nostro alter ego investigatore, ma l’atmosfera. The Last Case of John Morley è un noir che si vive con il respiro trattenuto.
Ogni stanza è un enigma, ogni documento è un sospetto e ogni dialogo è una menzogna. La tensione non nasce da ciò che vedrete, ma da ciò che non vedrete. Non ci sono mostri né inseguimenti, ma solo il peso del tempo, il silenzio delle case vuote e il rumore di un ricordo che non vuole morire. È un gioco che non cerca di spaventare, ma di inquietare… E ci riesce.
CONSIGLIATO AGLI APPASSIONATI
The Last Case of John Morley non è un gioco per chi cerca azione o adrenalina. È un gioco per chi ama il noir, per chi vuole indagare e per chi è disposto a vivere un ritmo lento e pesante. Su PS5 l’esperienza risulta solida, curata e coerente. Non perfetta (ci sono animazioni rigide, qualche bug, una certa ripetitività nelle meccaniche) ma sempre fedele al suo tono. Quella di Indigo Studios è un’opera che non si dimentica facilmente. Non perché sorprenda, ma perché resta. Resta nelle ombre, nei silenzi e nelle parole non dette.
Pregi
Atmosfera noir anni '40 ricostruita con cura. Narrazione frammentata e suggestiva, che invita all'interpretazione. Ambientazioni credibili e dettagliate, ogni luogo ha una sua identità. Sound design minimale ma efficace, con musiche che amplificano la tensione. Ritmo lento e meditativo, coerente con il tono investigativo.
Difetti
Animazioni rigide e tecnicamente essenziali. Qualche bug e imperfezione tecnica su PS5. Ripetitività nelle meccaniche di indagine a lungo andare.
Voto
7,5