Sacred 2 Remaster, un ritorno che sa di polvere, recensione

Un viaggio nostalgico ad Ancaria che rivela più rughe che meraviglie

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Avviando Sacred 2 Remaster, la nostra sensazione è stata quella di ritrovare un vecchio amico che non vedevamo da anni. Un amico che ricordavamo pieno di energie, idee e voglia di stupire, ma che oggi appare stanco, fuori dal tempo e con rughe profonde a solcarne il volto. SparklingBit, Funatics Software e Nukklear hanno unito le forze per riportare in vita il titolo originariamente sviluppato da Ascaron nel 2008, includendo anche l’espansione Ice & Blood.

L’intento è chiaro: dare nuova linfa a un ARPG che, all’epoca, aveva un suo nutrito seguito di appassionati. Il risultato però è un prodotto che fa fatica a reggere il confronto con il presente. Di seguito la recensione della versione PS5 di Sacred 2 Remaster, curata dalla nostra Kim Fuentes. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da THQ Nordic, è disponibile anche su Pc e Xbox Series X/S. Buona lettura.

ANCARIA RESTA IMMENSA, MA VUOTA

La trama di Sacred 2 ruota attorno al mondo di Ancaria, un universo fantasy che all’epoca colpiva soprattutto per la sua vastità. L’elemento centrale è la T-Energy, una forza misteriosa che alimenta la magia e la tecnologia del mondo, ma che allo stesso tempo corrompe e divide. È il classico tema del potere che sfugge di mano, e che genera conflitti tra fazioni, divinità e popoli.

La remastered ripropone fedelmente questa struttura, senza aggiungere nulla di nuovo. Le sei classi giocabili ( dalla Seraphim al Guerriero delle Ombre, passando per l’Inquisitore e il Tempest) hanno ciascuna una propria campagna, con missioni e prospettive differenti. In teoria, questo dovrebbe garantire una buona varietà narrativa, ma nella pratica la storia si perde in un mare di incarichi secondari che raramente hanno peso.

Quello che colpisce, almeno nelle prime ore, è la scala del mondo: Ancaria è enorme, con città, villaggi, foreste, deserti e dungeon sparsi ovunque. Camminare per queste terre dà un senso di libertà che, nel 2008, era quasi rivoluzionario per un ARPG. Oggi però quella stessa libertà rischia di diventare dispersiva. Senza una trama forte a guidare, ci si ritrova spesso a vagare senza scopo, raccogliendo missioni che si somigliano tutte.

Abbiamo provato a seguire con attenzione la campagna della Seraphim, sperando in un filo conduttore più solido. All’inizio c’è un certo fascino nel vedere come la sua storia si intrecci con la T-Energy e con il destino del mondo, ma dopo qualche ora la narrazione si diluisce. I dialoghi sono brevi, poco incisivi, e non riescono a dare spessore ai personaggi. Non c’è mai quel momento in cui ti affezioni davvero a qualcuno o senti il peso delle scelte.

La divisione tra Campagna della Luce e Campagna dell’Ombra, con la possibilità di vivere la storia da prospettive opposte, è un’idea interessante. Un’idea che tuttavia non viene sfruttata fino in fondo: le differenze sono più di tono che di sostanza, e alla fine la sensazione è di aver percorso due strade parallele che portano allo stesso punto.

Questa remastered, purtroppo, non interviene su questi limiti. Non ci sono nuove cutscenes, non c’è un lavoro di riscrittura dei dialoghi, non c’è un tentativo di rendere la trama più coinvolgente. È la stessa storia di allora, con gli stessi difetti. Per chi ha giocato l’originale, può essere un tuffo nella nostalgia non spiacevole. Per tutti gli altri rimane invece un racconto che appare piatto e poco motivante.

UN DIABLO-LIKE CHE MOSTRA I SUOI ANNI

Il cuore di Sacred 2 è sempre stato il gameplay alla Diablo: esplorazione, combattimenti in tempo reale, loot e progressione delle abilità. Nel 2008 era un’esperienza ambiziosa, con un mondo aperto enorme e una libertà di movimento rara per il genere. Oggi però il sistema appare lento e macchinoso.

Il combattimento è legnoso, con animazioni rigide e un feedback poco soddisfacente. Le abilità delle classi sono numerose, ma la gestione risulta confusa. Tra cooldown, rune da raccogliere e potenziamenti da bilanciare, si finisce spesso per spammare le stesse mosse. Abbiamo provato la campagna con l’Inquisitore, attratti dal suo stile oscuro, ma dopo qualche ora la monotonia ha preso il sopravvento.

Il loot, che dovrebbe essere il motore di un titolo simile, non riesce a offrire la stessa gratificazione di altri ARPG moderni. Gli oggetti sono tanti, ma la progressione è poco chiara e raramente si ha la sensazione di ottenere qualcosa di davvero significativo. Ci è capitato più volte di raccogliere equipaggiamenti che sembravano migliori solo per scoprire che, in realtà, non cambiavano nulla nel nostro approccio.

E poi ci sono i bug: alcuni storici, mentre altri persino nuovi. Nemici che si incastrano negli scenari, missioni che non si aggiornano e crash occasionali. Non sono problemi costanti, ma abbastanza frequenti da rovinare il ritmo. È frustrante, perché la remastered avrebbe dovuto correggere queste storture, e invece se l’è portate dietro a mò di fardello.

TANTA QUANTITÁ, POCA QUALITÁ

Uno dei punti di forza del gioco originale è sempre stata la quantità di contenuti e qui Sacred 2 Remaster non sbaglia. Infatti, come accennato in apertura, include anche l’espansione Ice & Blood, con nuove regioni e due classi aggiuntive. Sulla carta appare come un pacchetto ricco. Nella pratica, però, la mole di contenuti non basta a mascherare i limiti del gameplay. La progressione dei personaggi è ampia, con alberi di abilità complessi e possibilità di personalizzazione. Ma la complessità non è sinonimo di profondità: spesso si ha la sensazione di distribuire punti senza un vero impatto.

I sigilli e le rune, che dovrebbero dare varietà, finiscono per complicare un sistema già poco intuitivo. Abbiamo apprezzato però la libertà di esplorazione: Ancaria è davvero grande, e ci si può muovere senza vincoli, affrontando missioni nell’ordine che si preferisce. Tuttavia questa libertà diventa presto dispersiva, come già accennato. Senza una narrativa forte e interessante a guidare, si rischia di vagare senza scopo, accumulando incarichi che si somigliano un po’ tutti.

UN LIFTING CHE NON BASTA

Graficamente, Sacred 2 Remaster prova a ripulire le texture e a rendere il mondo di Ancaria più nitido. Su PS5, però, il risultato ci è apparso alquanto modesto. Le ambientazioni sono vaste e variegate, ma l’impatto visivo resta datato. Le animazioni dei personaggi sono rigide, i modelli poligonali mostrano la loro età, e il lavoro di rimasterizzazione non riesce a colmare il divario con gli standard moderni. Fermandosi a osservare un villaggio o una foresta, può capitare di riscontrare ancora un certo fascino. Ma è un’impressione dettata più dalla nostalgia che non dalla pura estetica.

È come guardare una vecchia serie TV rimasterizzata in HD: si vede meglio certo, ma resta vecchia. Se c’è un elemento che ancora oggi riesce a strappare un sorriso, è la colonna sonora. La collaborazione con i Blind Guardian, con il brano “Sacred Worlds”, resta memorabile. È un momento che dà un tocco epico al gioco, e che ancora oggi funziona. Gli effetti sonori, invece, sono datati. I colpi non hanno impatto, le voci dei personaggi sono piatte, e nel complesso il comparto audio non riesce a sostenere l’esperienza. Senza la musica dei Blind Guardian, sarebbe un comparto sonoro assolutamente dimenticabile.

SCONSIGLIATO

Sacred 2 Remaster è un titolo che parla soprattutto ai nostalgici. Per chi ha amato l’originale, può essere un modo per rivivere Ancaria con qualche ritocco. Ma per chi cerca un ARPG moderno, l’impressione sarà quella di un’esperienza frustrante e datata. Non basta ripulire un vecchio classico per renderlo attuale: serviva un lavoro più profondo, una vera ristrutturazione del gameplay e della narrativa. Così com’è, questa remastered è un’occasione mancata. Ci ha fatto piacere poter tornare ad Ancaria, rivedere le classi e ascoltare i Blind Guardian. Ma dopo qualche ora, la nostalgia ha lasciato spazio alla consapevolezza che certe magie, evidentemente, non si possono ricreare tanto facilmente.

Pregi

Mondo di Ancaria ancora vasto e variegato, con libertà di esplorazione notevole. Presenza dell’espansione Ice & Blood, che arricchisce il pacchetto con nuove regioni e classi. Colonna sonora con la collaborazione dei Blind Guardian, ancora memorabile e capace di dare un tocco epico. Nostalgia per chi ha amato l’originale.

Difetti

Combattimento legnoso e animazioni rigide, che rendono il gameplay macchinoso. Loot poco gratificante e progressione confusa, senza la soddisfazione tipica degli ARPG moderni. Bug storici e problemi tecnici ancora presenti, con crash e missioni che non si aggiornano. Grafica datata: texture ripulite ma lifting insufficiente per gli standard attuali. Trama debole e missioni secondarie ripetitive, che rendono l’esperienza dispersiva. Effetti sonori piatti e comparto audio poco incisivo, salvato solo dalla musica dei Blind Guardian.

Voto

5