Gloomy Eyes, dove la notte non finisce mai, recensione
Una fiaba gotica tra ombre e speranza dove due anime improbabile stringeranno un legame proibito per poi partire alla ricerca del sole
Ci sono videogiochi che si giocano, e altri che si vivono. Gloomy Eyes appartiene decisamente alla seconda categoria. Un racconto interattivo che non si limita a intrattenere, ma invita a sprofondare in un mondo sospeso tra poesia e oscurità. In un universo dove il sole ha smesso di sorgere e i confini tra vivi e morti si fanno labili, prende forma una storia d’amore fragile e potente, narrata con la voce calda e ipnotica di Colin Farrell.
Questa esperienza, nata per la realtà virtuale e poi adattata per Pc e console, si configura come un viaggio breve ma intenso che mescola estetica gotica, gameplay collaborativo e una narrazione dal respiro cinematografico. L’opera congiunta di Atlas V, 3Dar, Be Revolution Gaming, Fishing Cactus e ARTE France non cerca di stupire con effetti speciali o meccaniche complesse. Preferisce sussurrare, insinuarsi lentamente, e lasciare un’impronta emotiva duratura.
Andiamo quindi a esplorare Gloomy Eyes in questa recensione della versione PS5, curata dalla nostra Kim Fuentes, per capire perchè, a volte, è proprio nell’oscurità che si trova la luce. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da Untold Tales, è disponibile anche su Pc, Xbox Series X/S e Switch. Buona lettura.
L’AMORE AI TEMPI DEI NON-MORTI
La storia di Gloomy Eyes si svolge in un mondo dove il sole ha abbandonato l’umanità, disgustato dalla sua crudeltà. In questa eterna notte gli zombie hanno iniziato a risvegliarsi, generando paura e conflitto tra i vivi. Ma non tutti i non-morti sono mostri: Gloomy, un ragazzino zombie dagli occhi tristi, è diverso. Vive ai margini, in silenzio, finché non incontra Nena, una bambina viva e curiosa, che non ha paura di lui. Tra i due nasce un amore impossibile ostacolato dallo zio di Nena, leader del villaggio e fervente nemico degli zombie. La narrazione è divisa in tre episodi, ciascuno con un proprio tono e ritmo.
Il primo introduce il mondo e i protagonisti, il secondo approfondisce il conflitto e il terzo culmina in un finale struggente e poetico. Nonostante la brevità, la sceneggiatura riesce a evitare le banalità, giocando con archetipi burtoniani e ribaltando le aspettative. Il tema centrale è la possibilità di connessione tra mondi opposti: vivi e morti, luce e oscurità, amore e paura. Il racconto non cerca di essere realistico ma simbolico, e proprio per questo riesce a toccare corde universali.
IL FASCINO DELLA “SELF CO-OP”
La versione più recente di Gloomy Eyes introduce una meccanica definita “self co-op”, in cui il giocatore controlla alternativamente Gloomy e Nena per risolvere enigmi ambientali. Questa scelta di design è brillante: non solo rafforza il legame tra i due protagonisti, ma trasforma il gameplay in una danza sincronizzata tra due anime complementari. Gloomy può accedere a zone oscure e interagire con elementi macabri, mentre Nena porta la luce e può attivare meccanismi solari. Il passaggio tra i personaggi è fluido e intuitivo, e ogni puzzle è costruito attorno alla loro collaborazione.
I livelli sono presentati come diorami rotanti, esplorabili da ogni angolazione. Questo approccio non solo valorizza l’aspetto visivo, ma stimola la curiosità del giocatore, che deve osservare attentamente per scoprire passaggi nascosti e dettagli narrativi. Non ci sono combattimenti, né frenesia: Gloomy Eyes è un’esperienza contemplativa, dove il ritmo lento è parte integrante del suo fascino. Il gioco non cerca di sfidare il giocatore, ma di coinvolgerlo emotivamente. E ci riesce, con eleganza.
UN SOGNO IN STILE BURTON
Visivamente, Gloomy Eyes è un’autentica meraviglia. L’estetica è chiaramente ispirata a Tim Burton, con personaggi dai tratti esagerati, ambientazioni gotiche e palette cromatiche dominate da grigi, blu e neri. Ma non si tratta di una semplice imitazione.
Gli sviluppatori hanno saputo reinterpretare lo stile burtoniano con una sensibilità propria, creando un mondo che è al tempo stesso inquietante e tenero. I modelli 3D sono curatissimi, e ogni scena è illuminata con maestria.
Le luci non servono solo a creare atmosfera, ma guidano lo sguardo del giocatore, suggerendo dove guardare e cosa esplorare. Il design dei personaggi è memorabile: Gloomy, con i suoi occhi spenti e il volto malinconico, incarna perfettamente il dolore e la dolcezza del suo ruolo.
Nena invece, con i suoi capelli dorati e il sorriso curioso, è il contraltare solare che bilancia l’oscurità. Ogni ambiente è costruito come un piccolo teatro, dove la scenografia racconta tanto quanto i dialoghi. Dalle foreste spettrali ai villaggi decadenti, ogni luogo è intriso di significato e contribuisce a costruire l’identità del mondo di gioco.
LA VOCE DEL CREPUSCOLO
Il comparto audio di Gloomy Eyes è altrettanto raffinato. La colonna sonora, composta da melodie malinconiche e sognanti, accompagna la narrazione senza mai sovrastarla. I brani utilizzano strumenti acustici e sintetici in modo equilibrato, creando un’atmosfera sospesa tra il reale e l’onirico. Non ci sono momenti di tensione sonora, né esplosioni emotive: tutto è calibrato per sostenere il tono fiabesco e contemplativo dell’opera.
Ma il vero protagonista è Colin Farrell, che presta la sua voce al narratore. Il suo timbro caldo e leggermente rauco aggiunge profondità alla storia, trasformando ogni frase in una poesia. I dialoghi tra Gloomy e Nena sono minimi, ma carichi di significato, e spesso bastano sguardi e gesti per comunicare emozioni. Gli effetti sonori sono discreti ma efficaci: il fruscio delle foglie, il crepitio del legno, il battito del cuore. Ogni suono è pensato per immergere il giocatore nel mondo, senza distrarlo dalla narrazione.
DA AVERE SENZA RISERVE
Gloomy Eyes non è un gioco per tutti, e non vuole esserlo. È un’opera d’autore che richiede attenzione, sensibilità e voglia di lasciarsi trasportare. Non offre ore di gameplay, né sfide complesse, ma regala qualcosa di più raro: un’esperienza emotiva autentica. In un’epoca in cui i videogiochi spesso inseguono la spettacolarità, Gloomy Eyes sceglie la poesia, e lo fa con coraggio. Se amate le storie che parlano di amore impossibile, di mondi oscuri e di speranza che nasce nel buio, siete nel posto giusto. È una lettera d’amore al potere della narrazione, alla bellezza dell’imperfezione e alla possibilità di trovare luce anche quando il sole ha deciso di non tornare.
Pregi
Stile visivo unico e memorabile: l’estetica gotica ispirata a Tim Burton è realizzata con grande cura e originalità. Narrazione poetica e coinvolgente: la voce narrante di Colin Farrell è un valore aggiunto notevole. Gameplay "collaborativo" intelligente. Colonna sonora delicata e d'atmosfera.
Difetti
Durata molto breve: l’esperienza si conclude in circa 3 ore, e può lasciare con la sensazione di voler "di più". Gameplay limitato: gli enigmi sono semplici e poco vari, e potrebbero risultare poco stimolanti. Scarsa rigiocabilità.
Voto
8