An Ankou, anteprima di un roguelike da giocare dopo la morte

Vediamo una produzione in sviluppo dallo stile visivo accattivante che propone una struttura rivista del genere hack 'n' slash e roguelike, risultando forse troppo impegnativa

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Ci sono idee e spunti che possono venire in mente giusto agli sviluppatori indipendenti. Sia in quanto liberi dai vincoli spesso imposti dagli editori, sia perchè in grado di portare avanti, con la propria fantasia, progetti che a una prima occhiata potrebbero apparire quantomeno arditi. An Ankou fa sicuramente parte di questo insieme, per via della sua natura da roguelike duro e puro, come anche per la commistione con dinamiche da hack ‘n’ slash.

La componente narrativa risulta quindi semplice, e funge da mero contesto per dare al giocare un incipit da cui partire. Come spesso avviene in questo genere di produzioni, sarà il gameplay a fare da padrone. Dietro allo sviluppo invece troviamo Alkemi, eclettico studio indie francese che nel corso della sua carriera ha sperimentato spesso, mescolando generi diversi. Andiamo quindi a scoprire di che pasta è fatto An Ankou in questa anteprima. Ricordiamo che il gioco, pubblicato da PID Games, è attualmente disponibile in accesso anticipato su Pc, via Steam.

UN INASPETTATO POST-VITA

Dopo anni di tasse, violenza gratuita, news di guerra, propaganda a stecca, woke e inclusività a tutti i costi, prima o poi il giorno fatidico arriva. Per carità, si spera non certamente per quello ma in generale il pensiero comune sottintende un ottimistico post-vita o quantomeno migliore di ciò che viviamo quotidianamente.

An Ankou in questo senso è pessimismo puro, e aggiunge perfino un pelo di sarcasmo visto che la Morte decide di cooptarci come suo servitore. E sia chiaro, non parliamo di una serie tv dove teen drama e amori sbocciano tra gli angoli oscuri di un vicolo, in cui si accompagna un’anima pura a ciò che accadrà dopo.

Le leggende narrano che l’ultimo morto dell’anno, ossia entro la mezzanotte del 31 dicembre, diverrà un Ankou. Ossia una sorta di Caronte (senza nave ed equipaggio) che dovrà “convincere” le anime perdute a lasciare la terra dei vivi, che lo vogliano o meno. Questo fortunato (o sfigato) del villaggio, a seconda dei punti di vista, dovrà però vedersela con una situazione ben diversa dal solito.

Quest’anno infatti è inconsueto poiché le terre dell’ombra solitamente placide pullulano di mostri e demoni che, come è noto, tendono a far parecchio rumore oltre che paura. Dimenticatevi quindi cieli tersi, fiumi cristallini, aria buona e foreste lussureggianti, perché avrete parecchio lavoro da fare.

NEANCHE DA MORTI POSSIAMO RIPOSARE

A livello prettamente strutturale, An Ankou si presenta come un roguelike frenetico dove riflessi, fortuna, crafting e una sana dose d’azione saranno protagonisti di ogni partita. Se nei minuti iniziali il gioco propone una fase d’apprendimento tutto sommato tranquilla e ben bilanciata, basterà davvero poco per trovarsi completamente circondati da una moltitudine di zombie, ragni, blob, spiriti inquieti e molto altro.

Per uscirne….Morti (ma ancora in piedi) dovremo necessariamente impegnarci e migliorare il nostro equipaggiamento, preparando pozioni curative in quei pochi momenti di tranquillità. La consuetudine è che il giocatore sarà costantemente minacciato da un’orda impazzita, che non vedrà l’ora di metterlo a tacere per sempre.

L’upgrade di equipaggiamento e armi ci permetterà di aumentare i cuori che rappresentano i nostri punti ferita, la velocità, il danno e la portata degli strumenti a nostra disposizione. Durante la nostra prova è però emersa una certa debolezza per quel che concerne il corpo a corpo, visto che combattendo sempre contro un’infinità di creature falce o spada risultano spesso inutili. Un miglioramento concreto l’abbiamo invece ottenuto passando alla balestra, che se potenziata permetterà di sparare più colpi ad ampio raggio.

Fattore che in alcuni casi ci ha permesso di aprirci la strada e fuggire. Constatato che al momento l’attacco a distanza è l’unico modo veramente efficace con cui difendersi potremo usufruire anche dell’ausilio di spiriti affini.  Una sorta di alleati che seguiranno i nostri passi e tenteranno di aiutarci nel nostro compito. Ogni spirito guida verrà sbloccato in appositi santuari che, previo pagamento in risorse, offrirà diversi tipologie tra cui scegliere.

POSSIAMO RIPOSARCI O NO?

Almeno per il momento e al di là di ciò che verrà implementato nel corso dell’accesso anticipato, il problema principale di An Ankou risiede nel bilanciamento, contrapposto al crafting. A nostro avviso fattori di non poco conto poiché l’intera struttura verte proprio su queste due meccaniche, oltre all’ovvio combattimento. La raccolta delle risorse avviene attraverso un minigioco in cui dovremo premere correttamente il pulsante al caricamento di una barra.

La difficoltà non risiede solamente nell’ottenimento degli elementi desiderati, ma consiste nella costante minaccia dell’orda, che non ci darà pace. Stessa cosa per la preparazione di pozioni curative, armi e armature. Potremo sempre provare a scappare cercando un angolo tranquillo, ma il più delle volte sarà una vana speranza. E non finisce qui perché anche nei momenti in cui saremo a corto di punti ferita e tenteremo di curarci finiremo sotto attacco, poiché il tutto avviene in tempo reale.

È implicito che la schermata di game over farà capolino a schermo, e non di rado. Gli spiriti guida aiuteranno non poco e suggeriamo caldamente di migliorarli il prima possibile. Anche se nel complesso non riescono a sopperire a una struttura per l’appunto sbilanciata e palesemente frustrante. A livello prettamente tecnico invece An Ankou presenta una grafica low poly stilizzata e minimale, che ben si accosta alla (scarsa) narrazione e al contesto.

La palette di colori è volutamente impregnata di toni freddi e le animazioni, seppur legnose e ridotte all’osso, non offendono l’occhio ma risultano coerenti e capaci di offrire un tratto distintivo. Al convincente stile visivo con effetti di pregio per una produzione così modesta si accompagna una colonna sonora che non eccelle in quantità ma aderisce perfettamente alla narrazione. Colonna sonora che oltretutto risulta affiancata da un corposo numero di effetti, non solo unici per ogni elemento ma anche ben campionati.

PROMETTENTE

An Ankou vuole proporre elementi diversi in una struttura unica dove crafting, frenesia e grinding la fanno da padrone. Il concetto è interessante e la componente narrativa (seppur al momento appena sussurrata) è immancabilmente intrigante. Il tutto però viene appesantito da una progressione lenta e a tratti frustrante. La dinamica di crafting è più spesso un peso che un aiuto. Curarsi risulta difficile dopo poco tempo, per non parlare della noiosa raccolta di risorse, soprattutto in termini di minerali.

Questi punti deboli sono particolarmente evidenti nel combattimento corpo a corpo, dove ondate infinite di mostri risulteranno indigeste visto l’esiguo raggio della nostra arma. Sfruttare il combattimento a distanza migliora l’esperienza ma la costante lentezza e le morti in rapida  successione stancheranno anche il giocatore più volenteroso. Rifugiarsi in qualche base o eliminare completamente le tempistiche di crafting e consumo possono essere due possibili soluzioni capaci di far spiccare il volo all’opera di Alkemi, che presenta comunque un ottimo potenziale.