Battletech, Recensione Pc

Provato il titolo firmato Harebrained Schemes sui robottoni di Jordan Weismar

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Jordan Weismar è un prolifico game designer che, attorno alla metà degli anni ’80, firmò due franchise destinati a fare la storia dei giochi da tavolo. Parliamo ovviamente di Shadowrun e Battletech, entrambi adattati nel corso degli anni in diversi videogiochi. Ma mentre le fortune del primo in ambito videoludico sono sempre state altalenanti, il secondo franchise ha invece goduto di un discreto successo, soprattutto negli anni ’90, declinandosi in due serie – Mechwarrior e Mechcommander – assai amate, rispettivamente, dai fan delle simulazioni e della strategia.

Avanti veloce fino ai nostri giorni: le sorti delle due serie si sono pressoché ribaltate, con Shadowrun tornato prepotentemente alla ribalta – prima grazie all’imperfetto Returns e poi ai due splendidi Dragonfall e Hong Kong – mentre Battletech è ormai sparito dai radar da almeno una decade. Entra dunque in scena Harebrained Schemes, software house non a caso capitanata dallo stesso Weismar, che dopo essersi occupata del revival di Shadowrun sugli schermi dei nostri Pc, si appresta ora ad effettuare la stessa operazione per il franchise di FASA Corporation (casa editrice dei giochi da tavolo originali) sui robottoni dell’anno 3000 d.C.

GUERRA. LA GUERRA NON CAMBIA MAI

Tale è infatti il periodo storico di partenza di Battletech nella sua incarnazione videoludica: data l’incredibile mole di materiale che compone la ricca “lore” del marchio – che nel corso degli anni si è estesa fino a comprendere oltre 100 tra romanzi, fumetti e persino serie animate per la televisione – gli sviluppatori hanno dovuto porre particolare attenzione alla collocazione temporale e spaziale del proprio lavoro: già nelle primissime fasi di gioco scopriamo dunque di trovarci precisamente nell’anno 3025, immediatamente prima degli eventi che poi porteranno alla cosiddetta Terza Guerra di Successione.

Grazie ad una introduzione egregiamente animata e particolarmente evocativa, veniamo a sapere inoltre che nel corso dell’ultimo millennio l’umanità è riuscita finalmente a lasciare la Terra e ad espandersi all’interno di vaste sezioni dello spazio circostante; a seguito della caduta della potente federazione di pianeti conosciuta come Lega Stellare, i territori dell’uomo sono stati divisi in vari potentati e regni minori, dominati da re e case nobiliari proprio come i feudi medioevali. E proprio come gli antichi cavalieri e baroni, la cui misura del potere era data dal possesso di massicci cavalli da guerra e costosissime armature corazzate, in Battletech le case nobiliari si arrogano tali diritti non certo per un aleatorio diritto divino, ma piuttosto perché sono loro a possedere i BattleMech (o, più semplicemente, i Mech), giganteschi veicoli da guerra bipedi che per potenza di fuoco, versatilità e anche solo mero tonnellaggio rappresentano, a tutti gli effetti, le armi più poderose mai costruite dall’uomo.

E di certo non è un caso che nel corso della campagna di marketing che ha preceduto il lancio Battletech sia stato definito, in effetti, come un “Game of Thrones nello spazio”, perché il gioco inizia proprio con un tradimento nel pieno stile della serie firmata da George R. R. Martin: ci troviamo al servizio, in qualità di mercenari, di Lady Kamea Arano, sovrana regnante dell’Aurigan Reach, piccola regione parzialmente colonizzata di spazio circondata da altre case nobiliari di gran lunga più potenti. Proprio all’inizio del gioco, Lady Arano verrà tradita da alcuni dei suoi consiglieri più fidati, e spetterà a noi e alla nostra compagnia mercenaria rimettere in sesto le cose e riportare la nobile sul suo legittimo trono.

COMPAGNI D’ARME E DI VITA

Ciò che più sorprende di Battletech è, in realtà, proprio una decisa attenzione verso la narrazione, cosa che d’altronde non era facile aspettarsi, essendo il gioco improntato, per il resto, sugli stilemi tipici dei classici titoli strategici a turni: pur non essendo la trama particolarmente ricca di sussulti spettacolari o imprevedibili colpi di scena, Harebrained Schemes dimostra le potenzialità narrative del proprio team di scrittori – che già, d’altronde, si sono fatti le ossa con i vari Shadowrunconfezionando dei personaggi sufficientemente approfondititi e caratterialmente abbastanza accattivanti da riuscire a destare l’attenzione del giocatore, e il riferimento è in particolare ai membri della propria lancia mercenaria. Ognuno di loro ha una storia personale e delle motivazioni che lo hanno portato nella sua attuale posizione, e non mancheranno di dare continuamente opinioni e consigli riguardanti gli eventi che si susseguiranno, momenti in cui Battletech si permette addirittura di ibridarsi con il gioco di ruolo, offrendo un ventaglio di risposte da parte del nostro protagonista (completamente personalizzabile) e alberi di dialogo veri e propri che non sfigurerebbero in un qualsiasi gdr indipendente.

Tale attenzione verso la caratterizzazione si sposa alla perfezione con la quasi maniacale cura riposta verso il rispetto del materiale originale di partenza, al quale abbiamo già fatto riferimento: navigando nella mappa della galassia, parlando con i nostri commilitoni, interagendo con le tecnologie con quali ci troveremo ad aver a che fare, potremo udire e leggere continuamente riferimenti a questo o quell’evento, a regioni di spazio lontane dalla trama principale, a dettagli grandi e piccoli di quello che costituisce un vasto e stratificato universo narrativo, del quale purtroppo si può scorgere nel gioco solo una minima parte. È chiaro che lo studio di sviluppo ha fatto di tutto per costruire un titolo che potesse inserirsi senza colpo ferire all’interno della continuità narrativa preesistente, e per i fan più accaniti sarà senza dubbio interessante vedere se, in futuro, gli eventi scatenati dall’intreccio principale del gioco avranno ulteriori conseguenze da esplorare, magari all’interno di nuovi romanzi o fumetti.

Non abbia paura, in ogni caso, chi tema di non riuscire a capire nulla dell’universo narrativo di Battletech: in aiuto del giocatore vengono infatti dei comodi ipertesti presenti nel testo scritto, comodamente evidenziati in arancio e recanti ulteriori informazioni di approfondimento su fatti storici, personaggi, luoghi e fazioni. Inoltre, i writer sono stati indubbiamente bravi nel costruire un intreccio e dei testi che potessero venire compresi pienamente anche da chi non ha mai conosciuto in minima parte l’universo di Battletech, e il gioco riesce comodamente ad essere fruibile sia dagli appassionati più accaniti del gioco da tavolo che dai semplici videogiocatori dell’ultima ora interessati solo a questa incarnazione strategica.

È bene, tuttavia, sottolineare che in Battletech non ci troveremo quasi mai davanti a momenti narrativi o caratteriali particolarmente sconvolgenti: la trama procede senza particolari scossoni, lineare e, ad onor del vero, nemmeno particolarmente originale o accattivante, fatta eccezione per alcune fasi finali; anche i compagni, sebbene sia senza dubbio gradevole l’idea di distinguerli psicologicamente e di dare loro un background corposo e sfaccettato, non saranno mai in grado di raggiungere le vette di un vero gioco di ruolo, e pure il sistema di dialogo, a volte, appare un po’ raffazzonato e inconcludente. Ma d’altronde va anche bene così, perché di certo l’ultimo parto di Harebrained Schemes non è nato con lo scopo di focalizzarsi sull’aspetto narrativo, limitandosi più che altro a togliersi diverse soddisfazioni in questo senso.

IL GLAMOUR DELLA CONTABILITÀ

Battletech, infatti, si configura – come già detto – principalmente come un mix tra strategico a turni e gestionale non dissimile dagli ultimi XCOM targati Firaxis Games. Una metà abbondante del tempo di gioco la si trascorrerà, con tutta probabilità, all’interno dei vari pannelli e menù di gestione della propria compagnia mercenaria, il cui mantenimento è ricco di questioni e problematiche: ci sono bollette da pagare ogni mese (ed è game over se non si riesce a tener fede ai propri debiti), mech da stivare, costruire, riparare ed equipaggiare, piloti da stipendiare, modifiche alla propria nave da effettuare e viaggi spaziali da percorrere all’interno di determinate navi iperspaziali che fungono da “taxi”, e il cui utilizzo richiede ovviamente una certa somma di denaro.

Insomma, le primissime battute della campagna principale verranno spese letteralmente sommersi dai debiti e dagli impegni, nel tentativo di destreggiarsi tra incarichi principali e secondari più o meno remunerativi. Ognuno di questi porta con sé in dote ricompense in denaro, armi e componenti recuperate sul campo di battaglia e un certo numero di punti reputazione con una delle infinite fazioni che popolano i territori devastati dalla guerra di Battletech. Tali punti, se accumulati a sufficienza, offriranno al giocatore maggiori ricompense al termine delle missioni e sconti nei negozi per l’acquisto dell’equipaggiamento.

Il ritmo di questa fase di stampo marcatamente macrostrategico è scandito dai giorni, dato che per il completamento di quasi ogni operazione che effettueremo sarà necessario un certo numero di giornate, dalla riparazione dei mech al viaggio verso un nuovo sistema stellare; esse scorreranno via via lente, inesorabilmente, mentre nel frattempo si avvicinerà il giorno del rapporto finanziario mensile, entro il quale dovremo necessariamente avere il denaro necessario per pagare tutte le spese. Una tale impostazione di gioco, quindi, si presta naturalmente a delle dinamiche prettamente “sandbox”, intervallando le missioni principali della trama, realizzate a mano e scriptate a dovere, con altre, secondarie, generate proceduralmente e continuamente dal gioco, tramite le quali potremo accumulare soldi, parti con le quali costruire nuovi mech (a conti fatti, è l’unico modo per “trovare” nuovi mech nel gioco) e punti esperienza con i quali potenziare i nostri piloti, che a seconda della propria specializzazione potranno acquisire determinate abilità che li renderanno più forti, per esempio, nel corpo a corpo, oppure nell’utilizzo delle armi, oppure ancora nell’utilizzo dei sensori e di tattiche di guerriglia.

Per quanto riguarda i robottoni in sé, essi possono essere personalizzati sia nell’aspetto estetico (tra pitture, motivi e diverse configurazioni delle placche esterne dell’armatura), ma soprattutto nel proprio armamentario. Battletech presenta un ricco e profondo sistema di configurazioni degli armamenti disponibili, suddivisi in varie tipologie e classi di peso e inseribili sui mech a seconda delle loro compatibilità, in un sistema basato su due punti fondamentali: da un lato gli slot, che a seconda del mech scelto possono permettere solo l’utilizzo di un certo numero di un determinato tipo di arma, e dall’altro il peso dell’arma in sé, che va ad influire poi sulla percentuale di armatura di un mech in maniera inversamente proporzionale.

Ogni mech, in sostanza, può accumulare fino ad un certo peso in tonnellate tra armi, equipaggiamento (come jet per il salto e ulteriori sfiatatoi per il raffreddamento) e corazza, e “giostrarsi” tra questi tre parametri rappresenta, spesso e volentieri, la vera chiave di volta per la vittoria. Va da sé che ogni mech, a seconda del proprio ruolo in battaglia, può prestarsi a più di una configurazione, oppure al contrario essere adatto solo per determinati compiti come la mischia o il cecchinaggio dalla distanza. È pero assai piacevole notare come, nonostante tutte le limitazioni inerenti al sistema – come il già citato sistema di slot – il giocatore può comunque destreggiarsi tra tantissime combinazioni, grazie anche ad un arsenale che, fra laser più o meno grandi, mitragliatrici di diversi tipi e missili di tutti i tipi, non lascia davvero nulla al caso. Per i neofiti, o per chi magari non ha proprio tempo da perdere con una tale mole di personalizzazione, il gioco può sempre consigliare, per ogni mech, l’armamentario più adatto e bilanciato.

Gli incarichi disponibili si suddividono in varie tipologie, dal mantenere una posizione al distruggere tutti i nemici (che spesso supereranno di numero il giocatore, dato che quest’ultimo può portare con sé solo 4 mech), passando per la scorta di un bersaglio VIP e altro. Va da sé che, data la natura procedurale del gioco e la sua enfasi sul proprio universo aperto in ogni direzione, dopo poche ore di gioco si saranno già viste pressoché tutte le possibilità offerte in materia di varietà delle missioni e dei biomi. A conti fatti, anzi, l’unica differenza veramente esistente fra i vari sistemi stellari nei quali potremo fare sosta consiste più che altro nella difficoltà delle quest in sé più che in fondamentali differenze strutturali tra queste.

SANGUE E SABBIA

Battletech entra nel vivo, dunque, soprattutto nelle battaglie vere e proprie, scontri nei quali la potenza di fuoco risulta tanto determinante quanto la mobilità, la capacità di anticipare le mosse dell’avversario e la lettura della mappa. I mech sono suddivisi non solo per tipologia, capacità e tonnellaggio, ma soprattutto per classe, spaziando fra leggeri, medi e pesanti. In maniera assai intuitiva, nell’ordine dei turni i mech più leggeri partiranno per primi, mentre gli ultimi saranno quelli più pesantemente armati. Si tratta di un sistema senza dubbio interessante, perché permette ai robot più deboli di svolgere comunque un importante ruolo in battaglia, sia esso ricognizione in anticipo sul nemico, fuoco di supporto (magari dai fianchi o dal retro, più deboli) oppure occupandosi dei “pesci piccoli” come carri armati e veicoli leggeri, di gran lunga più facili da distruggere rispetto ad un mech.

Il combattimento a turni in sé si presenta piuttosto ricco di interessanti possibilità tattiche, anche se non difetta di alcune mancanze e ingenuità – manca per esempio un sistema di “overwatch” alla XCOM che avrebbe reso molto possibili delle imboscate maggiormente elaborate. Tutto dipende, principalmente, dalle abilità del singolo pilota, che a come già detto può sbloccare diverse abilità sia attive che passive a seconda del suo grado di esperienza e della sua specializzazione. Per fare un esempio, i piloti più portati verso l’utilizzo delle armi a distanza possono utilizzare una comoda abilità che permette di far fuoco su può nemici contemporaneamente, abbassandone le difese in preparazione del colpo finale da parte di un commilitone. Queste si suddividono in due, principalmente, ovvero evasione e copertura, con la prima che è assai aleatoria, si ottiene spostando il mech in questione e diminuisce la probabilità di colpire da parte dell’avversario – simulando così il mech che “schiva” i colpi nemici – mentre la seconda dimezza i danni subiti e può essere ottenuta o mettendo il mech in guardia e preparandosi all’impatto oppure trovando copertura in boschi o simili elementi naturali.

Sì, perché il territorio di lotta svolge, nel gioco, un ruolo assai importante: alcuni tipi di terreni saranno dissestati e costituiranno un deciso svantaggio per chi si fermerà lì, mentre altri saranno latori di corposi bonus; una sosta in un lago o un fiume, per esempio, aumenteranno a dismisura la capacità del mech di raffreddare le proprie armi (i danni da riscaldamento eccessivo, infatti, sono un rischio sempre costante). E tutto questo senza contare anche il bioma in sé, con pianeti freddi e nevosi che faranno riscaldare di meno le armi, e viceversa nel caso di stelle desertiche.

Considerando dunque tutte le interessanti possibilità tattiche offerte, tra bonus offerti dalle posizioni sopraelevate, la capacità di bersagliare con precisi attacchi specifiche parti dei mech avversari, l’ingaggio corpo a corpo sempre possibile e insospettabilmente utile e le diverse capacità dei singoli armamenti, le battaglie di Battletech costituiscono senza dubbio il punto forte del gioco, al netto di una certa grossolanità generale, potendo contare su un ottimo equilibrio di fattori in campo, su una verve tattica non comune e persino su una certa spettacolarità grafica, con inquadrature plastiche che riescono a riprendere piuttosto bene le salve di missili e gli scontri diretti.

UN DIAMANTE GREZZO

Il problema del gioco, più che negli scontri in sé, sta nell’incredibile ripetitività della campagna principale: se da un lato, infatti, le missioni principali sono sufficientemente variegate e sapientemente costruite da non risultare noiose o banali, dall’altro la progressione passa necessariamente per una corposa quantità di “grinding” alla ricerca di denaro, mech o esperienza, da eseguirsi necessariamente completando incarichi secondari che, in quanto generati proceduralmente, assai raramente sono stimolanti o particolarmente ricchi di spunti.

Non sarà raro dover fermare per un po’ la catena di eventi principali alla ricerca di una maggiore potenza di fuoco o capacità belliche, anche perché la difficoltà di Battletech è inesorabilmente tarata verso l’alto, tanto da risultare addirittura ingiusta a volte: spesso ci è capitato, infatti, di essere letteralmente circondati da rinforzi avversari spuntati dal nulla (e anch’essi generati casualmente) composti non solo da un discreto numero di veicoli ma anche da mech di elevato tonnellaggio. L’impressione è che non sempre il livello delle missioni, indicato con un numero di teschi che va da 1 a 5, corrisponda alla loro difficoltà effettiva.

Tecnicamente parlando, il lavoro di Harebrained Schemes è buono ma non eccezionale. A fronte di un discreto utilizzo del motore Unity, che si ravvisa in un utilizzo decente di texture ed effetti particellari, troviamo anche un’ottimizzazione assai carente e un basso livello di pulizia tecnica: bug e glitch (fortunatamente, quasi mai davvero gravi) si sprecano, e si comprende subito, giocando, come sarebbero stati necessari al team almeno altri tre o quattro mesi di lavoro per restituire una maggiore compattezza strutturale. Non mancano, fortunatamente, alcuni tocchi di classe audiovisivi davvero da leccarsi i baffi, come l’eccellente utilizzo di illustrazioni disegnate invece di cutscenes che, magari, sarebbero state macchinose e deludenti, e soprattutto l’eccellente colonna sonora che, fra sintetizzatori mixati con strumenti più classici, segna senza dubbio la definitiva consacrazione di un Jon Everist in stato di grazia.

Per gli appassionati dei titoli di strategia in tempo reale incentrati su giganteschi robot bipedi da battaglia (nell’accezione prettamente occidentale, beninteso. Quindi, niente Gundam), Battletech rappresenta una vera e propria miniera d’oro, che si distingue particolarmente nelle possibilità di personalizzazione della propria lancia mercenaria e nei sapori tattici offerti dal sistema di combattimento.

Un peccato, dunque, che ad impedire al titolo di Harebrained Schemes di raggiungere la vera grandezza siano una grande ripetitività di fondo e alcune ingenuità francamente evitabili, perché il titolo in sé rappresenta, in generale, un graditissimo ritorno di un franchise da troppo tempo assente sugli schermi dei nostri Pc.

 

Pregi

Grandi possibilità tattiche offerte. Decisa attenzione verso la narrazione. Profondo sistema di personalizzazione dei mech.

Difetti

Alcune ingenuità nel sistema di combattimento. Grande ripetitività delle missioni. Lato tecnico assai grezzo.

Voto

8