Darkest Dungeon, recensione

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L’anno che si è concluso dieci giorni fa ha lasciato ai posteri diversi titoli interessanti. Tra questi ci va di parlare di Darkest Dungeon in questa nostra recensione.

E’ un gioco di ruolo vecchissimo stile (ma con la marcia in più) nato dalle fatiche di Red Hook Studios, un piccolo team indipendente canadese con base a Vancouver che nel 2014 portò al successo la sua campagna Kickstarter raccogliendo 313.337 dollari a fronte di 75.000 richiesti grazie a quasi 10.000 appassionati che offrirono le loro offerte. Il gioco è entrato in Early Access ad inizio 2015 e dopo circa un anno è, il 19 gennaio dello scorso anno è uscito dall’Accesso Anticipato. Nel frattempo, lo scorso 27 settembre è stata lanciata la versione per PlayStation 4 e PlayStation Vita.

Noi vi parliamo dell’edizione Pc di questo interessante titolo che è si un gdr ma si può tranquillamente definire come un dungeon crawler roguelike, incentrato moltissimo sulle sensazioni, sul buio e tante altre cose di cui parleremo.

NOMEN OMEN E GAMEPLAY BEN CONGEGNATO

Darkest Dungeon (letteralmente dungeon più oscuro) spiega moltissimo il suo gameplay già attraverso il titolo. Il buio che nasconde tutto ma che provoca paura e certamente non è amico di chi cerca di uscire vivo da una gazzarra o da un dedalo pieno di insidie più o meno pericolose.

Il buio che porta alla follia ed alla incapacità di potersi comportare al meglio. Il buio che destabilizza portando confusione nel gruppo. Il buio pesto… capace di portare l’esaltazione delle parti più cupe del carattere e dei personaggi in preda alla paura più nera.

Si, Darkest Dungon ha come protagonista il buio e lo stress da lui provocato che umanizza, come vedremo, il nostro manipolo di aspiranti eroi. Questo vivacizza il gameplay già complesso e ben orchestrato dagli sviluppatori canadesi rendendo decisamente cattivo il gioco nei confronti dei giocatori.

A tutto questo, inoltre, bisogna aggiungere la stanchezza, le ferite subite, la strada percorsa nonché la mancanza di cibo e le eventuali ferite riportate che non fanno che aumentare lo stress e la possibilità di malus tremendi per il party. In caso di stress ai limiti può anche sopravvenire l’infarto che toglie di mezzo il personaggio che lo subisce. Non sempre al primo colpo ma certo è che avere un componente del gruppo colpito da infarto è un colpo tremendo.

Darkest Dungeon offre un’atmosfera Fantasy ben stilizzata nel quale si svolgono tantissime quest.

Compito del giocatore è scegliere il party di quattro eroi e di condurli nei vari dungeon per le missioni che ci vengono proposte sempre più difficili. Anzi, sempre più cattive.

E’ interessante il fatto che la nostra base, il villaggio di turno (che in pratica funge da hub al gioco), abbia diversi luoghi da visitare e da migliorare.
Questi permetteranno diverse attività per rinforzare il nostro party ma anche per sostituire momentaneamente il quartetto della squadra. Grazie alla Carovana si può assoldare nuova carne fresc… heem, eroi aspiranti tali che potranno dare il cambio ai “titolari”. Quest’ultimi, infatti, dopo le missioni hanno quasi sempre bisogno di riposo e cure specializzate. Il turnover è quindi una pratica necessaria in questo gioco visto che quasi sicuramente gli eroi della precedente missione dovranno star fermi per le cure.

A tal proposito sono utilissime la Taverna (che ristora grazie alla possibilità di giocare d’azzardo o di usufruire di un “comodo” bordello, o offre semplicemente i migliori vini della casa), la Casa di Cura o manicomio (con trattamenti medicamentosi eccezionali da consigliare ai peggiori nemici) e l’Abazia (perché anche lo spirito si deve ricostituire tra flagellazioni ed altri “trattamenti” per fortificare lo spirito). Del resto, riuscire a compiere una missione a Darkest Dungeon non è uno sport per signorine. E sicuramente è più difficile di un gioco di calcio…

Ovviamente, ogni cura, qualunque essa sia, ha un suo costo. E’ possibile migliorare le strutture comprando dei posti in più in modo da poter curare con lo stesso trattamento due o più personaggi, o per dare più efficacia al tutto ed, insomma, allargare “i servizi” o “sevizi”. Questo utilizzando le reliquie raccolte nelle nostre simpatiche scorribande.

Inoltre, il Villaggio offre un negozio dove vendere oggetti raccolti qua e la e far cassa per poter poi acquistare le provviste necessarie, nonché i servigi di un fabbro per migliorare l’equipaggiamento ed essere più efficienti in combattimento. Nondimeno sarà anche possibile migliorare ed aumentare le proprie abilità nella Gilda. Anche questo sarà fondamentale e perfezionerà il passaggio di livello dei personaggi sia in attacco che in difesa ma anche per abilità curative e non solo.

Ma il vero e proprio gameplay come funziona? Semplice: si sceglie il team e si parte per la missione scelta. Ma bisogna fare scelte oculate. Sono tante le classi (una quindicina) presenti in Darkest Dungeon ma alcune non vanno proprio d’accordo tra l’oro. Ad esempio l’Abominio non potrà mai andare in party con una Vestale o con un Crociato. Il credo impone a questi due personaggi di non unirsi a queste creature. Ci saranno tante altre idiosincrasie (anche reciproche) che però salteranno fuori nei momenti (di stress) peggiori.

Si sceglie il party da quattro (in tre proprio non ci fa partire), si sceglie la missione, si preparano le provviste e si va all’avventura.

Grazie all’ottima interfaccia che visualizza i nostri eroi, l’inventario e la mappa, si potrà facilmente leggere il gioco e decidere cosa fare. Durante le missioni ci sono due fasi fondamentali: l’esplorazione (non c’è molto da dire: si cammina e si possono trovare alcune reliquie, alcuni oggetti, o trappole o anche schermaglie a sorpresa) ed il combattimento. In questo bisognerà ovviamente fare attenzione alla torcia che via via si esaurirà: più bassa sarà la luce, più alto sarà lo stress e difficile il combattimento… e, come abbiamo visto, più difficile uscirne vivi.

Il clou è ovviamente il combattimento. Questa fase si gioca a turni ed è piuttosto strategica. Se il party sarà equilibrato e la fiamma della torcia alta, niente (beh, non si può mai dire ma tant’è) sarà impossibile. Diciamo che sarà meno difficile, ecco. I nemici saranno decisamente cattivi e sfrutteranno anche l’effetto luce per mettere i nostri disgraziati eroi sotto pressione (più la luce sarà fioca, infatti, più lo stress aumenterà ad ogni turno, ndr) con attacchi di ogni genere che mireranno anche a fare accrescere la barra bianca dello stress anche con ferite quali dissanguamento o in grado di dare malus per qualche turno. Se la barra dello stress arriva a 100 il personaggio cambia status e da normale passa a depresso, o pauroso, o offensivo e così via. In questo status negativo subentrano diversi malus: gli attacchi possono essere meno precisi e non è detto che le cure che possono essere impartite normalmente nel corso dei combattimenti o dell’esplorazione del dungeon, possano andare a buon fine. Se si arriva a 200 è la fine (o quasi). Il gioco, lo ricordiamo, ha una spiccata vena roguelike e quindi se il personaggio in questione muore potremo rivederlo soltanto al villaggio… per la precisione nel cimitero del villaggio per un fugace ricordo.

Ma anche noi abbiamo le nostre carte da giocare. Di sicuro gli attacchi. Quelli ben riusciti permettono degli spunti di coraggio che limano lo stress e personale e possono infondere lo stesso sentimento ai compagni di ventura (come detto l’umanità ha molte sfumature… anche positive, ndr), ma anche il fatto di potersi curare grazie ad incantesimi (a patto di avere i personaggi giusti nel party) a bende o a pozioni che tolgono malus. Il cibo (fondamentale quanto le torce) servirà per recuperare punti vita ma si potrà mangiare soltanto nel corso dell’esplorazione e non in combattimento.

In questo frangente, tuttavia, sarà possibile bendarsi senza sprecare il turno. Si può scegliere se cambiare posizione nel party degli eroi (se si è dietro e si è un tank ad esempio, non si potrà attaccare e sarà una grossa grana da pelare).
Insomma, questa fase è senza dubbio la più delicata del gioco ma è ben studiata ed architettata. E c’è una grande libertà: fuggire, darsela a gambe per salvare la pelle. Servirà molto per evitare che alcuni personaggi “costruiti” con fatica muoiano troppo facilmente. Un’onorevole ritirata può senza dubbio aiutare. Certo: la ricompensa finale andrà a farsi benedire ma a volte è meglio così.

C’è da dire che la difficoltà è crescente. Le prime due-tre quest sono quasi di rodaggio, ma subito dopo c’è il delirio. I nemici sempre più numerosi e difficili soprattutto per i tipi di attacchi, rendono la scalata al successo molto lenta. Rimane la soddisfazione nel superare la quest.

GRAFICA CON STILE, COLONNA SONORA DA BRIVIDI

Dopo aver parlato ampiamente del gameplay eccoci ad analizzare il comparto tecnico. Miracoli, lo anticipiamo, non ce ne sono ma un’attenta realizzazione grafica ed un’ottima colonna sonora sono senza dubbio i punti di forza della produzione canadese.

Darkest Dungeon presenta giustamente una grafica piuttosto cupa con personaggi e paesaggi disegnati a mano. L’atmosfera medievale è ben realizzata grazie anche ad uno stile fumettoso marcato e piuttosto fine e la si evince grazie anche ai dialoghi. Le animazioni, anch’esse ben fatte, sono essenziali, mettono in evidenza gli stati d’animo ed i vari attacchi in modo decisamente efficace. Le musiche e gli effetti sonori sono ben fatte ed aiutano a dare un’atmosfera Dark molto marcata. Anche i personaggi trasudano Medioevo e sono ben caratterizzati.

Insomma, dal punto di vista tecnico c’è ben poco da obiettare e rende Darkest Dungeon perfetto per una partita in notturna, magari quando fuori piove. Da segnalare, infine, la presenza della localizzazione in italiano dei sottotitoli. Discreta ma con alcune parole tradotte male. Tuttavia è positivo il fatto che ci sia e comunque non influisce sul voto.

COMMENTO FINALE

Cosa dire di Darkest Dungeon? Gli sviluppatori di Red Hook sono stati davvero abili a sviluppare un titolo dalle meccaniche vecchio stile ma arricchite in modo opportuno e decisamente intelligente dal fattore Buio/Stress/Follia.

Questo triplice fattore rende il tutto dannatamente complicato ma al tempo stesso più reale offre tantissime sfumature. Ed anche riflessioni: non controlliamo un pugno di eroi senza macchia e senza paura ma esseri umani che, malgrado tutto, hanno anche i loro momenti più bui (è il caso di dirlo), nei quali si celano le più grandi debolezze e sono capaci anche di prendere coraggio. Questo fattore è l’ago della bilancia di molti combattimenti perché con lo stress ed in preda alla paura, anche gli attacchi apparentemente più facili possono rivelarsi tragici. La classe, il personaggio ed il proprio carattere vengono accentuati nei momenti di stress. I nostri personaggi possono anche sviluppare malattie mentali che devono essere tenute a bada.

Il tutto condito da un gameplay davvero solodi. da un’ottima grafica ed un sonoro da brividi che rendono ulteriore giustizia a Darkest Dungeon. E’ vero che il gameplay risulta essere fin da subito punitivo ma è altrettanto vero che se si riescono a superare alcune missioni e si ingrana, questo titolo offre grossissime soddisfazioni. La chiave è non rimanere al buio… ma non sarà facile, per l’appunto.
C’è la possibilità di sostituire gli eroi dopo una missione e curarli spendendo soldoni. Ma non è detto che queste cure siano efficaci. Insomma, Darkest Dungeon ha dato ulteriore profondità al genere offrendo anche un ottimo gameplay “all’antica” fatto di tattica e riflessione, tanta longevità (anche 50 o 60 ore non sono un miraggio) e tante emozioni anche se tende ad essere ripetitivo nonostante l’enorme numero di quest, cose da fare, eroi da sviluppare e curare e molto altro. Forse meno spettacolare ed appariscente di Dark Souls, vista la natura indie del progetto e l’impossibilità di competere con colossi multinazionali, ma altrettanto cattivo. Fidatevi. Sicuramente uno dei titoli in vista del 2016.

 

Pregi

Gameplay sul classico ma rinvigorito dal fattore stress. Sotto pressione l’eroe viene umanizzato esaltando i suoi difetti. Longevo. Tecnicamente suadente. Grado di sfida elevato. Difficile…

Difetti

… troppo difficile a volte. Tende, per forza di cosa, ad essere ripetitivo. Localizzazione italiana migliorabile (non influisce sul voto).

Voto

9-